LE DONNE NUOVE PROTAGONISTE DEL VINO 1
I pochi dati esistenti sulle donne e il vino in Italia non formano un ritratto completo ma permettono di affermare con sicurezza che l’apporto femminile è positivo

Donne del Vino in Puglia
di Donatella Cinelli Colombini
Qui di seguito sono raccolti i pochi dati esistenti sulle donne e il vino italiano. Pur mancando degli studi approfonditi e sistematici è possibile affermare con certezza che l’incremento del numero e del ruolo delle donne, nel comparto enologico, abbia un effetto molto positivo. Questo avviene benché nei CDA dei Consorzi alla guida delle denominazioni esse siano rappresentate e in modo nettamente inferiore al 28% delle cantine a conduzione femminile.
Le imprese del vino al femminile costituiscono un’esemplificazione dell’agricoltura futura da promuovere perché, pur partendo da piccole superfici, hanno saputo qualificare i prodotti, internazionalizzarsi, diversificare le attività e rispettare l’ambiente.
DONNE VINO E ECONOMIA IN ITALIA
Nell’analisi del ruolo delle donne nel vino italiano è giusto partire da un argomento preliminare: il costo del divario di genere. Formare diplomate, laureate per poi dare loro mansioni subalterne oppure lasciarle a casa come baby sitter o badanti dei nonni è un errore a caro prezzo, 89 miliardi l’anno, il 6% del PIL.
Gli italiani cominciano a percepirlo come un freno allo sviluppo del Paese (89% secondo il Rapporto Coop 2021) ed a pensare che le donne siano la risorsa da mettere immediatamente in campo per accelerare la ripresa (opinione del 42% delle femmine e del 18% dei maschi).

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In Italia il 22% delle imprese sono dirette da donne. La percentuale varia nei diversi settori perché la presenza di management femminile si concentra nei comparti turistico e agroalimentare. Sale al 28% nella ristorazione (Rapporto ristorazione 2022 FIPE Confcommercio) e nell’agricoltura (Centro studi Confagricoltura 2021).
IDENTIKIT DELLA PRODUTTRICE ITALIANA
Un’indagine 2017 metteva i riflettori sulla scelta delle donne del mondo rurale. L’80% proveniva da una famiglia di imprenditori dell’agroalimentare e nel 54% aveva maturato questa scelta nel tempo come un’occasione per realizzare il desiderio di lavorare in proprio (60%) (fonte “Imprenditoria femminile nella filiera del food” Pink Lady e Swg).
Le donne sono quindi meno di un terzo del management agricolo e dirigono imprese piccole e, infatti, la SAU, Superficie Agricola Utilizzabile, a conduzione femminile è solo il 21% del totale ma produce il 28% del PIL agricolo (Censis 2018). Questo significa che le donne sono più performanti dei colleghi maschi.
La superficie media delle imprese agricole dirette da donne era di 11 ettari nel 2018 quando Nomisma mise a confronto il numero di quelle italiane con le estere che risultarono di meno: 15% del totale in Francia e Germania e 19% in Spagna.
Secondo il Censis (Affiancamento e crescita 2019) l’incremento di donne in posizione dirigente, fra il 2003 e il 2017 stimato nel 2,35 ha portato un pensiero differente più aperto all’accoglienza e alla diversificazione. Il <<malting pot>> costituito dalla maggiore presenza di donne dirigenti, stranieri e tecnologia è stato il motore di cambiamento e sviluppo dell’agricoltura che nel periodo di 15 anni preso in esame si è rivelato in controtendenza rispetto alla congiuntura negativa dell’economia italiana.
Una propensione alla diversificazione produttiva e all’accettazione del nuovo, che hanno reso le aziende agricole guidate dalle donne più capaci di sopravvivere nel difficile periodo 2010-2015. In questo quinquennio hanno chiuso il 16% di imprese femminili e il 28% di quelle maschili (Graziella Benedetto and Gian Luigi Corinto <<The Role of Women in the Sustainability of the Wine Industry: Two Case Studies in Italy>>).
LO STILE DI COMANDO DELLE DONNE
E’ anche possibile che un simile risultato dipenda anche dallo stile di comando delle donne più moderno e corale rispetto a quello maschile più accentratore. In altre parole, se l’azienda agricola femminile funziona come un gruppo Jazz, quella maschile somiglia all’orchestra sinfonica.
LE AZIENDE DEL VINO AL FEMMINILE AVANGIARDIE DELLA NUOVA AGRICOLTURA
Nel 2016 le Donne del Vino fecero una ricognizione fra le loro socie per capire il profilo tipico delle cantine con management femminile. La fotografia è quella di un’impresa internazionalizzata. In quel momento il 24% di vino italiano veniva esportato mentre il 74% nelle cantine delle DDV erano oltre questa soglia e più della metà vendeva più dell 50% del suo vino all’estero.
Le cantine femminili puntavano sulla qualificazione produttiva con un 69% di vini DOC/DOC contro una media italiana del 38%.
Anche nell’impegno ambientale già nel 2016 il vigneto BIO o in conversione delle donne era il 27,4% a fronte di un dato italiano dell’11,8%.
Per finire con la diversificazione produttiva: a fronte del 5,2% media nazionale delle aziende agricole con agriturismo (1.600.000 imprese agricole 22.238 agriturismi), le Donne del vino produttrici di vino avevano diversificato l’attività nel 20-30% dei casi.
DONNE VINO E CREDITO
Nel complesso le aziende con vigneto e cantina a management femminile costituiscono l’avanguardia della nuova agricoltura italiana.
La maggior problematica delle donne titolari d’impresa è, a parere unanime, il credito e i rapporti con le banche. Benchè il gentil sesso abbia percentuali di contenzioso nettamente inferiori ai colleghi maschi fatica ad ottenere prestiti.
Tuttavia un’indagine effettuata sulle Donne del Vino dall’Università di Siena nel 2019 evidenziò come questa problematica fosse molto ridotta nel comparto enologico anche grazie all’altissima scolarizzazione delle manager donne, fra cui le laureate risultavano il 52%. Il 65% delle intervistate aveva chiesto un credito nei 10 anni precedenti. Spesso il finanziamento è stato inferiore alle attese ma solo il 3% si è vista negare l’erogazione.