L’HOSPITALITY MANAGER DELLE CANTINE 1
E’ UNA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE CON UN PROFILO ARTICOLATO E MOLTE COMPETENZE MA SENZA CENTRI DI FORMAZIONE DEDICATI PER CUI SPESSO VIENE FORMATA DALLE CANTINE
Di Donatella Cinelli Colombini #winedestination
Vorrei iniziare con un racconto personale che apparentemente riguarda tutt’altra cosa. Quando ero assessore al turismo al comune di Siena dovetti costruire l’ufficio di sana pianta perché la città gotica più importante del mondo non aveva mai avuto prima un assessorato al turismo. Ovviamente bisognava trovare personale adatto e il sindaco mi chiese cosa doveva saper fare l’addetto alla gestione dell’incoming. Gli elencai <<inglese fluente, storia dell’arte senese e storia locale, nozioni sul turismo, economia del turismo e gestione dei flussi, uso dei mezzi elettronici, capacità di esposizione anche scritta, principi di legislazione, amministrazione e rendicontazione…>> lui rimase sorpreso perché pensava a un profilo più culturale. Ed è proprio qui l’equivoco che complica le cose e impedisce la costruzione di un serio management turistico: all’estero parlano di Tourist industry e in Italia di una sezione del settore cultura.
MOLTE CANTINE CERCANO GLI ADDETTI ALLA WINE HOSPITALITY MA MANCA CHI LI FORMA
Dall’inizio del terzo millennio ad ora i corsi di laurea in “Scienze turistiche” sono aumentati in tutte le nostre regioni e cominciano a uscire un buon numero di laureati ma negli Istituti superiori di Turismo manca ancora l’insegnamento dell’enogastronomia benché questo segmento di offerta sia il 17% del totale, rafforzi anche il turismo d’arte, quello balneare e termale … e cresca più di tutti. Quindi permane una estrema lentezza del sistema formativo nel rispondere alla richiesta delle imprese.
Per questo la maggior parte delle aziende del vino sono costrette a formare in house i nuovi assunti e per questo è determinante sapere quali competenze servono nella wine hospitality per scegliere un futuro manager capace di organizzare l’incoming. Come ho detto non esistono ancora molti manager già formati per cui conviene assumere chi possiede almeno le competenze più lunghe da imparare come l’inglese o il marketing turistico.
INGLESE, VINO, AMMINISTRAZIONE, DIGITALE …. FRA LE COMPETENZE DEL WINE HOSPITALITY MANAGER
L’inglese deve essere fluentissimo, <<per raccontare i vini senza preoccuparsi di ricordare la grammatica e le parole>> ma anche per scrivere senza errori macroscopici. Oggi Google translate è di enorme aiuto ma la corrispondenza, i testi sui social, le degustazioni a pagamento sono prevalentemente in inglese per cui conoscere bene questa lingua è indispensabile.
Servono competenze sul vino ma il primo corso da Sommelier potrebbe bastare. Va bene anche l’esperienza in un’altra cantina turistica oppure in un’enoteca. Tuttavia è più semplice insegnare da zero piuttosto che correggere abitudini sbagliate acquisite altrove. La cosa indispensabile è che il nuovo assunto non sia astemio e che abbia una certa passione per i buoni vini.
Qualche competenza amministrativa è utile. La gestione dei documenti fiscali, dei corrispettivi, le chiusure di cassa, la corretta trasmissione dei dati al commercialista … richiedono precisione e comprensione dei principi contabili.
La predisposizione all’uso degli strumenti elettronici è fondamentale. I giovani sono nativi digitali per cui quasi sempre hanno facilità di acquisizione dei sistemi di prenotazione, channel manager, advertising, CRM che si trovano a usare ma l’intreccio di comunicazione e prenotazione multicanale è ormai talmente complicato che senza una certa predisposizione è davvero difficile orientarsi e mantenere tutto aggiornato.
LE SOFT SKILLS DEL WINE HOSPITALITY MANAGER
Le soft skills sono determinanti; la persona fredda e distante, per quanto possa essere competente, non è adatta per lavorare con clienti che vogliono godersi la vacanza. L’empatia sorridente va usata anche nella corrispondenza e non solo nei rapporti one to one ed è sempre importantissima. Memoria, capacità di apprendimento, precisione, velocità, creatività, sangue freddo…. Sono determinanti in tutto il personale addetto alla wine hospitality per limitare gli errori e rimediare ai complain. Al capo della wine hospitality servono anche capacità di leadership e di management. Cioè deve saper organizzare il lavoro mettendo in ordine di importanza e di priorità le cose da fare e convincendo il proprio staff a impegnarsi nel progetto. In parte queste doti sono valutabili leggendo il CV e nel colloquio di assunzione ma qualche volta anch’io mi servo di psicologi in grado di dare un giudizio più certo. Infatti mentre i test di inglese (che vanno fatti anche ai laureati in lingue) possono essere scaricati da Internet e danno un esito facilmente valutabile, quelli sulle soft skills richiedono uno specialista.
CAPACITA’ ESPOSITIVA EMPATIA E CRATIVAITA’ ARMI VINCENTI DI CHI RICEVE I TURSISTI DEL VINO
Non vanno sottovalutate doti come la capacità espositiva scritta e orale. Purtroppo la nuova generazione di laureati ha poca esperienza di riassunti e spesso legge meno di un libro al mese. Con il risultato di scrivere un pessimo italiano e non riuscire a sviluppare una narrazione individuando gli elementi da mettere in rilievo. Nella pratica lavorativa giornaliera questo crea grossi problemi. Pensate a un gruppo del Rotary di Roma che visita una cantina del Chianti Classico. Avere una guida che non conosce la storia toscana e non la sa intrecciare alle vicende del vino è imbarazzante, ma anche non saper rispondere alla domanda <<che uve usano per il Vino Nobile?>>. Quindi non basta quello che il neo assunto sa al momento in cui firma il contratto ma conta la sua voglia di sapere e imparare.
L’importanza di doti come la creatività, l’organizzazione diventano percepibili nel lavoro di progettazione, che generalmente avviene in inverno, e serve per preparare le nuove attività di intrattenimento legate al vino come visite guidate, degustazioni a tema, eventi periodici … Più il wine hospitality manager è in grado di inventare proposte inedite e caratterizzanti partendo dalla storia del luogo o dalle attrezzature, i luoghi, gli oggetti già presenti in azienda … più è bravo. In economia chiamano questo processo “ottimizzazione delle risorse” e nella pratica consiste nell’usare al meglio quello che c’è per arrivare a un prodotto turistico nuovo. Ultimo scoglio è il listino dei servizi turistici che richiede una valutazione dei costi ma anche una ricognizione sui prezzi di mercato. Avere ben chiaro l’andamento dei flussi turistici soprattutto nella propria area, le nuove tendenze e la dinamica dell’offerta sono nozioni utilissime per decidere la propria strategia commerciale.
CONTINUA CON LA SECONDA PARTE