Giacomo-Palai irrigazione in deficit per il Sangiovese lo stress idrico non deve far paura

QUANTA ACQUA E QUANTO SOLE PER IL SANGIOVESE

Giacomo-Palai irrigazione in deficit per il Sangiovese lo stress idrico non deve far paura

Dall’Università di Pisa la ricetta delle grandi annate del Sangiovese: siccità da giugno alla raccolta. Favorevoli all’irrigazione in deficit cioè poca acqua

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Sangiovese e stress idrico

 

DI Donatella Cinelli Colombini   #wine destination

Le regole delle annate memorabili del Sangiovese in una ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa, pubblicata sulla rivista “Frontiers in Plant Science” e premiata dalla Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana.

LO STRESS IDRICO NON MINACCIA IL SANGIOVESE MA VA GESTITO

Il merito dello studio è di Giacomo Palai, Giovanni Caruso e di Claudio D’Onofrio che, a vario titolo, concorrono al laboratorio che ha condotto le analisi.
Il risultato è la prova scientifica di quello che tutti i vignaioli avevano capito da tempo: il nuovo clima, al netto dei suoi eccessi, moltiplica le buone e le eccellenti annate del Sangiovese. Il problema è che gli eccessi ci sono: come la siccità da deserto dell’anno scorso e le piogge da diluvio universale di quest’anno.
L’evidenza scientifica rivela che <<la siccità aiuta a migliorare la qualità e il colore delle uve di Sangiovese, vitigno toscano per eccellenza, ma solo se lo stress idrico è imposto in alcune fasi specifiche della maturazione e secondo precise intensità>>. Ed ecco la ricetta magica <<un moderato deficit idrico prima dell’invaiatura (quando l’acino è ancora verde, da giugno sino a metà luglio) aumenta la quantità di flavonoidi nell’uva, mentre un severo stress idrico post-invaiatura (da metà luglio sino alla raccolta) influenza la colorazione degli acini, e quindi del vino, rendendoli più scuri e vicini alle tonalità del blu>>. 
Sul primo punto credo ci sia un consenso generale, sempre che l’inverno e la prima parte della primavera siano piovosi e nel terreno ci sia una buona scorta d’acqua. Sui benefici del secondo periodo di stress idrico non sono altrettanto d’accordo. I vantaggi descritti dal Professor Palai << il Sangiovese in Toscana, che spesso risulta un po’ troppo scarico. In questo modo invece si ottengono vini con colore e fenoli più importanti, simili agli standard dei vitigni internazionali>> sono, a mio avviso, meno importanti della perdita di longevità del vino collegata al caldo estremo estivo subito dall’uva e dalla maturazione per disidratazione che allontana i tempi delle maturità polifenolica da quella tecnologica.

COME USARE L’IRRIGAZIONE IN DEFICIT PER GESTIRE LO STRESS IDRICO

Inoltre va ricordato che i movimenti ciclonici e anticiclonici che portano sull’Italia piogge incessanti o caldo africano non sono di breve durata ma si prolungano per mesi ed hanno violenza crescente. E’ successo nel 2014, nel 2018 e nel 2023 quando il versante tirrenico è andato sott’acqua e ovunque abbiamo dovuto affrontare una lotta contro la peronospora superiore a ogni precedente. In pratica la siccità è troppa o assente.
Quindi la scoperta degli studiosi pisani è esatta: gli stress idrici vanno gestiti non eliminati. Lo afferma anche il Professor Giovanni Caruso nelle conclusioni riportate da WineNews <<negli ultimi anni la viticoltura nazionale sta vivendo un periodo di forte pressione dovuto ai cambiamenti climatici con minori precipitazioni e periodi di siccità più lunghi che mettono a rischio la qualità delle uve soprattutto nelle aree maggiormente vocate>> altrettanto condivisibili le conclusioni <<in questo contesto, lo sviluppo dell’irrigazione di precisione e di specifici protocolli per gestire il deficit idrico sono strumenti essenziali per mantenere e aumentare la qualità delle uve, sfruttando e volgendo in positivo condizioni potenzialmente critiche>>.

IRRIGAZIONE COME SRUMENTO PER INNALZARE LA QUALITA’ DELL’UVA E DEL VINO

Seguendo questa filosofia arriviamo ai contenuti presentati dagli studiosi pisani a Stellenbosch (Sud Africa). In sintesi: il vino migliora irrigando di meno.
Oltre all’evidenza scientifica c’è la presa d’atto di una situazione contingente. Se non vogliamo prosciugare le falde per irrigare i vigneti bisogna studiare il modo di usare le acque di scarico e ridurre il fabbisogno idrico delle piante come fanno in Israele. E’ questa la vera sfida futura di noi vignaioli che è ben interpretata dalla ricerca di Giacomo Palai, Giovanni Caruso e di Claudio D’Onofrio.
L’irrigazione in deficit fa risparmiare acqua e produrre uve (vini) migliori come hanno detto i ricercatori pisani a Greenplanet223 <<Possiamo affermare che con questo trattamento abbiamo salvato in termini irrigui circa il 45% di acqua in una stagione produttiva. Ma non solo, abbiamo anche prodotto uve migliori>>