VINO SENZA ALCOOL UN SUCCESSO ANNUNCIATO
GLI STUDI DI MARKETING PROSPETTANO UN FUTURO ROSEO PER LE BEVANDE A GRADAZIONE ZERO E A BOLOGNA C’E’ STATA LA PRIMA FIERA PER VINI, BIRRE E SPIRITS SENZ’ALCOL
Di Donatella Cinelli Colombini #winedestination
Le bevande no – low alcol sono oramai un grande trend internazionale, perché percepite più salutari e adatte a un nuovo stile di vita, anche se, spesso, contengono molto zucchero.
In base allo studio di Areté per la Commissione Ue, le bevande analcoliche hanno un business in Europa, stimato in 7,5 miliardi di Euro e pari a circa 2,5 miliardi di litri. Di questo giro d’affari il vino rappresenta 322 milioni di Euro e i distillati e liquori senza alcol circa 168 milioni, mentre la birra è in posizione dominante.
Hanno anche una sigla che le identifica: Lna che significa low-no alcohol cioè bevande analcoliche/a basso contenuto alcolico.
FIERE, GUIDE E CLASSIFICHE PER LE BEVANDE DEALCOLATE
Il mondo delle bevande analcoliche comincia a strutturarsi. No/Lo Bolo Fair a Bologna è stata la prima fiera dedicata a kombucha, proxies, vini e birre senza alcol o a bassa gradazione. Da notare la coincidenza dell’evento bolognese con il Dry January che potrebbe accrescere il desiderio di calici analcolici, dalla più diffusa birra analcolica al vino dealcolato, fino alle alternative che imitano gin e whisky.
Il vino dealcolato ha ora delle guide come quella della Wine and Spirit Trade Association e cominciano a nascere le classifiche. Persino il paludato e prestigioso New York Times, si è lanciato nell’elenco delle migliori bevande analcoliche.
VINO E ALTRE BEVANDE DEALCOLATE SONO SENZA NORMATIVE
Il problema è che questo nuovo settore è completamente deregolamentato. Manca chiarezza su tutto, ma particolarmente sull’etichettatura. Anche in Europa, ogni nazione ha norme diverse. Attenendosi alla più recente riforma PAC del 2021, è proibito etichettare gin, vodka o whisky come bevande con tenore alcolico ridotto. Al contrario la birra analcolica si chiama birra. E sul vino le opinioni sono discordi, anche per la bassa qualità percepita e la marcata differenza di sapore, rispetto alla corrispondente bevanda alcolica. Elementi che hanno concentrato gli investimenti sulla ricerca di un sistema produttivo capace di garantire l’innalzamento qualitativo. Sono un esempio di questa strategia le Bordeaux Families, cooperativa che raggruppa 300 vignaioli che ha investito 2,5 milioni di euro sulla dealcolizzazione mediante distillazione sotto vuoto.
IL MERCATO DEL VINO DEALCOLATO E DELLE ALTRE BEVANDE ANALCOLICHE
Ovviamente la situazione commerciale attuale vede avvantaggiata la birra per la quale esiste già un mercato consolidato. Ma anche il vino sta conquistando consumatori: in Francia il vino low o no alcol aveva già raggiunto, nel 2021 un business di 166 milioni di euro. Il Regno Unito è il primo mercato per le bevande alternative analcoliche con vendite per 98 milioni di Euro. Ad esclusione della birra, i surrogati analcolici a vino e distillati rappresentano solo l’1% del mercato, tuttavia essi crescono a doppia cifra (23%) ogni anno.
La tradizionalista Italia è il fanalino di coda, verrebbe di dire, per fortuna!
Il vino (parzialmente) dealcolato, ha un mercato nazionale di stimato in circa 30 milioni di euro. Terzo gradino in Europa dopo Francia e Germania ma prima di Spagna, Grecia e Belgio. C’è anche chi comincia a vedere una prospettiva di business in questa tipologia di prodotti e persino un mezzo per avvicinare i giovani oppure le persone che non possono bere alcool.
Intanto, la birra senz’alcol avanza, spinta da enormi campagne di marketing: Adlndev maggior produttore di birra al mondo diventerà lo sponsor ufficiale dei Giochi Olimpici, con la birra analcolica Corona Cero e la Peroni Nastro Azzurro 0,0% analcolica accompagnerà le Ferrari monoposto nelle gare di F1.