Come cambia la qualità del vino
Dopo 25 anni dalla svolta verso la qualità del vino, arriva un nuovo cambiamento: territorialità, naturalezza, diversità e capacità di emozionare
Di Donatella Cinelli Colombini, Montalcino, Casato Prime Donne
Due contributi spiegano in modo diverso la rivoluzione in atto nel concetto di qualità del vino; il primo è l‘indagine Censis commissionata da Ornellaia, la cantina di Bolgheri dei Marchesi dè Frescobaldi che ha sbancato le aste internazionali trascinando al successo i vini italiani (+47% ). L’analisi fotografa il concetto attuale del lusso come qualcosa che è sempre più legato a un’emozione straordinaria e meno al possesso di status symbol durevoli e esclusivi. Lusso è insomma soprattutto un’esperienza unica e capace di emozionare come guidare una macchina da gran premio sul circuito di Formula1 oppure, meno
avventurosamente, pranzare in un ristorante 3 stelle Michelin sorseggiando l’ultima bottiglia di Amarone 1985 di Bepi Quintarelli. E’ proprio a questo nuovo concetto di lusso, smaterializzato e esperienziale, che si riconduce l’aumento di alberghi 5 stelle (41%) e sempre più collegati a luoghi storici di cui viene gelosamente conservato lo charme.
Ma l’aspirazione al lusso riguarda anche le piccole cose e la gente comune, non solo i milionari. Ed ecco che mentre la crisi contraeva i consumi alimentari (-3% negli ultimi due anni) la vendita dei prodotti tipici cresceva del 2% e quella del bio addirittura del 10%. Stessa cosa è avvenuta con il vino che ha visto diminuire le quantità consumate dell’8% mentre saliva la spesa (+3,%). A questi dati vorrei ricollegare un’intervista a Emilio Pedron, fra gli uomini più geniali e lungimiranti del vino italiano, che ha guidato il colosso GIV per quindici anni ed
ora è l’Amministratore Delegato dei Bertani Domains. A lui il Corriere Vinicolo ha chiesto un’opinione sui cambiamenti in atto nel concetto di qualità del vino e lui ha risposto con la consueta franchezza << i consumatori stanno riscoprendo valori come territorialità, specificità, diversità stilistica. In una parola tipicità. Noi stiamo raccogliendo questo messaggio proponendo la nostra visione del vino: inimitabile, impeccabilmente autentico, meno facile da vendere perché esclusivo e contro corrente. Faremo fatica? Non ci spaventa. Verremo premiati a lungo termine? Non ne ho il minimo dubbio>> . Frasi che sembrano quelle di un trentenne all’inseguimento delle nuove tendenze e invece vengono da uno dei più collaudati e vincenti manager del vino italiano nato a Cles nel 1945.
Ma c’è un altro punto dell’intervista che condivido e desidero farvi conoscere e riguarda la Toscana <<dopo le traversie degli ultimi anni, sono convinto che sarà una delle prime regioni a tornare più alla ribalta, perché ha cambiato radicalmente lo stile dei propri vini, tornando alla sua vera tipicità>>. E’ avvenuto davvero: le migliori espressioni attuali di Brunello, di Chianti Classico … assomigliano, in meglio, ai vini dei nonni e sentirlo dire da Pedron è la conferma che stiamo andando nella direzione giusta.