Vernaccia di San Gimignano, il bianco di Toscana
Le 16 torri di San Gimignano vegliano sui filari di Vernaccia, il vino bianco che migliora invecchiando e sa di pietra focaia
di Sara Mazzeschi

San_Gimignano e vigne di vernaccia
Ricordo bene la mia prima degustazione orizzontale, a Siena l’Enoteca Italiana aveva riunito nelle esclusive sale sotteranee molti produttori di San Gimignano e per me, appena uscita dal 2°corso AIS, era un’incredibile occasione per conoscere meglio il vino bianco toscano per eccellenza, la Vernaccia Docg. Che delusione! Al sesto assaggio già i vini mi sembravano tutti uguali ed in più la beffa, quel bianco asciutto dal retrogusto amarognolo e minerale proprio non “andava giù”! Ho impiegato un po’ di tempo e numerosi bicchieri per apprezzarlo ed oggi, come spesso accade nel mondo del vino, non solo ho cambiato idea ma ne sono diventata un’appassionata estimatrice, soprattutto della versione Riserva.
La buona parte dei grandi vini va conosciuta e capita, la convinzione che una bottiglia

Bottiglie di Vernaccia di San Gimignano
da 98 punti su Wine Spectator ricordi l’ambrosia è assolutamente sbagliata e la Vernaccia non fa eccezione. Secondo disciplinare è ottenuta da uve dell’omonimo vitigno con possibilità, per un massimo del 10%, di altre uve a bacca bianca ma non aromatiche, un anno di attesa per la versione classica, 2 anni per la Riserva, prodotta con il meglio della vendemmia. Come è solito per le Docg toscane, vinificazione ed affinamento devono avvenire nell’area di produzione ossia nei vigneti del comune di San Gimignano, terreni ricchi di tufo, elemento che conferisce al vino la nota sapidità. All’interno di questa ristretta zona esistono tanti terroir diversi tra loro per suolo, riserve idriche, esposizione al sole e al vento, ciò permette di avere nella medesima annata vini più fruttati o più minerali. In questo il piccolo Comune ricorda Montalcino dove, a distanza di poche centinaia di metri, un Brunello può essere completamente diverso da quello del vicino di casa.
In generale la Vernaccia si presenta sempre con un bel color giallo paglierino che tende al dorato nell’invecchiare, i profumi fruttati di mela e mandorla prevalgono ma

Vernaccia di San_Gimignano
con il passare del tempo ecco emergere miele, confetto e lei…sua maestà pietra focaia che difficilmente concede indecisioni: o piace o no! Sono proprio questi caratteri a rendere davvero interessante la Vernaccia di San Gimignano, vino con una tale capacità evolutiva da permettere ai produttori la versione Riserva, vera mosca bianca tra le centinaia di tipologie di bianco in Italia e non solo.
Mi sono chiesta come il mercato internazionale possa approcciarsi ad un vino così particolare, considerando anche quanto oggi sia più facile vendere vini beverini. I dati del Consorzio usciti durante l’anteprima a febbraio parlano chiaro: oltre 5 milioni di bottiglie prodotte per un giro d’affari di circa 37 milioni di euro, un andamento buono ed in costante crescita dal 2009 che risponde alla mia domanda: la Vernaccia è “capita”, apprezzata e ricercata ogni anno di più!
In realtà non c’è da stupirsi, già dalla fine del 1200 questo vino era presente sulle tavole di re e papi e tra i sui estimatori vi erano Cecco Angiolieri, Dante e Boccaccio

affreschi di Memmo di Filippuccio
al quale ispirava pensieri goderecci…infatti nel fiume che traversa il paese del Bengodi scorre Vernaccia al posto dell’acqua. A proposito di questo, nel Palazzo Pubblico c’è un ciclo di affreschi di Memmo di Filippuccio con scene erotiche…si fa per dire…medievali, è stato divertente notare che una scena ricorda la moderna vino-terapia che proponiamo a Fattoria del Colle!
La vernaccia, dopo un periodo di oblio, vive la sua rinascita dal secondo dopo guerra e nel 1966 è il primo vino ad ottenere la Denominazione di Origine Controllata. La DOCG arriva nel 1993 grazie anche all’impegno del Consorzio che da oltre 30 anni lavora per valorizzarne la qualità con iniziative di marketing e progetti di ricerca e sviluppo. Con il favore e l’appoggio dei produttori, sempre pronti a nuove sfide e aperti al futuro, ecco una sperimentazione per individuare i caratteri organolettici della Vernaccia, quelli che la rendono unica e riconoscibile, in più l’adesione al progetto Carbon Footprint, promosso dalla Provincia di Siena e realizzato con la

Vernaccia e Carbon Footprint
collaborazione di Indaco2, start-up senese che da due anni monitora il consumo di energia e la produzione di anidride carbonica di alcune aziende di San Gimignano. L’obiettivo del Consorzio è convincere i consociati ad adottare un approccio più green in tutte le fasi della produzione vinicola. Incoraggianti sono stati i primi risultati: 0.9 kg di CO2 prodotta per bottiglia, con una media italiana di 1.3 kg, San Gimignano ha le carte in regola per farsi promotore di una viticoltura più responsabile. In quest’ottica sono stati chiesti dei contributi al MIPAAF…dunque dita incrociate per i produttori di Vernaccia che hanno come limite principale i soliti costi, molto alti per progetti legati alla tutela ambientale.
In attesa che progetti e ricerche portino risultati e miglioramenti per il territorio, la Vernaccia è sempre lì, sotto i torrioni che sfida tutti quanti a non innamorarsi di lei.