Calorie del vino? Gaja dice no
L’esigenza di contrastare l’obesità e la nuova attenzione al “mangiare sano” non deve portare all’indicazione delle calorie del vino dice Gaja
Premessa di Donatella Cinelli Colombini, cantine, agriturismo, Toscana
Calorie del vino: l’argomento è in discussione anche all’Unione Europea dove, dal 2011, l’indicazione del “valore nutrizionale” degli alimenti è stato reso obbligatorio nell’etichetta di molti cibi. Sull’obbligo di indicare le calorie nelle bottiglie di vino i pareri politici sono discordi: favorevole la Gran Bretagna, contraria l’Italia dove il Ministro Martina si è mostrato poco convinto dall’etichettatura “semaforo” chiesta dagli inglesi.
In effetti il problema c’è. Denis Pantini, direttore di Winemonitor di Nomisma ne ha parlato a Wine2Wine . <<Basti pensare che su Google – sottolinea Pantini – l’interesse per le ricerche che incrocino le parole “calories” e “wine” vedono gli Stati Uniti (100) al primo posto, seguiti dal Regno Unito (66), Canada (63), Australia (50)
e Francia (25); tutti mercati di forte interesse per l’export di vino made in Italy>> ha dichiarato a Repubblica.
L’apporto calorico del vino è un dissuasivo per chi teme di ingrassare, forse persino in modo eccessivo. A ben vedere, le calorie del vino non sono poi così tante se rapportate agli effetti tonici che innesca: un bicchiere da 150 ml ( dose ideale di un pasto equilibrato) porta nell’organismo da 90 a 130 calorie rispetto alle 2170 giornaliere della dieta di una persona di 70 kg di peso.
Questa la premessa, leggiamo ora le sagge parole di Angelo Gaja che, dopo un viaggio in Cile, ci offre una riflessione, come sempre, molto acuta
Di Angelo Gaja
APPUNTI DI VIAGGIO, CILE, GENNAIO 2017
La COCA COLA venduta in Cile porta nella confezione un ottagono nero (non ha il valore di una medaglia) con la scritta in sostituzione o congiuntamente alla tabella dei valori nutrizionali. Si tratta di un provvedimento recente, fortemente sostenuto dal Senador Guido Girardi ed introdotto dal Governo Cileno, con il quale viene posto l’obbligo di contrassegnare i prodotti dai valori energetici elevati con le scritte: L’avvertimento è più visibile e più efficace di quanto generalmente riportato nella tabella dei valori nutrizionali e vuole avere una duplice funzione: dissuadere il consumatore dagli abusi, contrastando così l’obesità e le malattie ad essa collegate; indurre le multinazionali ad abbassare il livello dei valori energetici.
Il vino reca in etichetta il contenuto di alcool, che è il componente dal valore
energetico significativo. E’ da escludere che anche al vino venga applicato identico trattamento. Perché l’alcool del vino si produce con processo che più naturale non si può (avviene così da 9000 anni, sempre allo stesso modo), a carico degli lieviti che lo ricavano per trasformazione dello zucchero contenuto nel mosto d’uva. Non è alcool aggiunto di proposito, come avviene invece per le bibite idroalcoliche colorate ed aromatizzate, oppure accresciuto in volume attraverso la distillazione come avviene per gli spiriti. L’alcool, lo zucchero, i grassi, il sale … vengono aggiunti a prodotti che si pongono l’obiettivo di raccogliere elevato gradimento e che spesso godono anche di campagne pubblicitarie attraverso le quali costruire/orientare il gusto del consumatore. L’esempio del Cile è per ora un campanello d’allarme marginale; nasce però da una sensibilità nuova e diffusa, di esigenza di maggiore salubrità alimentare, che le multinazionali delle bevande e del cibo non potranno ignorare.