La recente protesta dei vigneron di Bordeaux pone interrogativi su come gestire i distretti del vino e mostra grosse crepe dell’attuale sistema produttivo
Ho sempre pensato che gestire il mercato riducendo o aumentando la produzione di vino fosse un metodo desueto, un’eredità dell’epoca preindustriale quando le merci erano inferiori alla gente che voleva comprarle. Tuttavia, le recenti vicende hanno evidenziato i danni di una produzione e di un consumo in crescita costante e la necessità di ripensare a un modello di sviluppo basato sulla globalizzazione e sul consumismo.
LE ECCEDENZE PRODUTTIVE DEL VINO RISPETTO AI CONSUMI
C’è poi un’altra cosa da considerare: la dimensione delle eccedenze di vino, cioè la forbice fra quanto viene prodotto e i consumi mondiali che OIV stima in 236 milioni di ettolitri l’anno.
Ebbene nel 2022 abbiamo avuto la quarta vendemmia consecutiva con una produzione mondiale inferiore alla media degli ultimi anni, ma siamo comunque arrivati a circa 260 milioni di ettolitri. Quindi a ogni vendemmia il lago di vino non consumato cresce. Le misure restrittive decise in Europa hanno ridotto l’eccedenza, che tuttavia c’è ancora ed è poco meno del 10% del totale.
Il Governo spagnolo sta studiando misure draconiane contro alcol e tabacco proibendo il vino a pranzo e il fumo in spiaggia nei dehor dei ristoranti e in macchina
Il Ministero della Salute di Madrid ha deciso di intraprendere una durissima lotta ad alcol e tabacco al fine di contrastare le malattie cardiovascolari che sono la principale causa di morte nel Paese.
Le sigarette sono le più colpite: il piano prevede infatti di far scendere del 30% l’uso del tabacco in soli 3 anni. Dopo che Barcellona ha proibito il fumo in spiaggia il governo centrale ha messo il divieto alle sigarette nelle terrazze dei ristoranti e persino in auto. Chi guida fumando viene multato.
NIENTE VINO A PRANZO IN SPAGNA
Sul vino le misure, allo studio, sono altrettanto draconiane e prevedono di proibire l’uso di vino o altri alcolici a pranzo sostituendolo con l’acqua del rubinetto offerta gratuitamente. Un divieto apparentemente non totale perché nel progetto, in fase di esame, è previsto di vietare il “menù vino incluso” e non l’ordine del vino. “Queste bevande sarebbero offerte à la carte, quindi ad un prezzo più alto” ha affermato Equinox, testata con sede a Barcellona ripresa da Wine Searcher.
Chi è, come usa e perché compra, l’acquirente di bottiglie che costano 21.659 € l’una? Inoltre come fanno ad assaggiarle i wine expert e i wine lovers?
Un interessantissimo articolo di Andrea Gabbrielli su Trebicchieri settimanale economico del Gambero Rosso, esamina la corsa dei prezzi dei vini “da investimento”. Secondo Wine Searcher – superportale neozelandese con i listini delle rivendite di tutto il mondo – la bottiglia con i migliori punteggi della critica costa 13.818€ (Domaine Leroy Chambertin Grand Cru, giudicato 98/100) e non è la più cara.
I VINI PREGIATI PIU’ CARI DEL MONDO
Fra i TOP 10 c’è Romanée-Conti Grand Cru (97/100), che ha un prezzo medio di 21.659€ e la Domaine Leroy Musigny Grand Cru (98/100) che costa 37.536€.
Anche mettendo insieme un gruppo di amici è difficile immaginare di raccogliere abbastanza denaro per bersi a cena un vino con questo prezzo.
Del resto wine makers geniali come il compianto Henry Jayer oppure fatine come Madame Lalou Bize-Leroy, conosciuta come la “Regina di Borgogna” e considerata la donna più potente del mondo nel mercato dei fine wines, mica nascono tutti i giorni. Quest’anno compie 90 anni e, secondo me, in Borgogna, pregano ogni giorno perché sia immortale.
Se andiamo a vedere Liv-ex, borsino online dei fine wines, ci accorgiamo che in un anno, a causa di aste sempre più stellari, quel mercato si è apprezzato del 23%.
LE ASTE DEI VINI E IL MERCATO DEI COLLEZIONISTI CHE METTONO LE BOTTIGLIE IN CASSAFORTE
Nelle aste dei vini da investimento sono transitati 41 milioni di Euro che sono andati per la stragrande maggioranza a vini della Borgogna. La cosa incredibile è che i prezzi sono aumentati perché le bottiglie sono troppo poche rispetto alla domanda. A comprare non ci sono solo i Lord inglesi e i magnati americani che tradizionalmente bevono queste bottiglie, ma anche i milionari russi e cinesi o i semplici speculatori che le tengono in cassaforte per rivenderle a prezzo più alto. Vini che verranno bevuti fra 30 e più anni quando la probabilità di perseguire i venditori per eventuali problematiche è ormai “prescritta”.
Vince la classifica TOP 100 WS 2021 Dominus Estate, tenuta californiana di Christian Moueix, cioè “Monsier Petrus”; primo degli italiani il Brunello Le Chiuse
Il vincitore 2021 della classifica del vino più ambita del mondo è Dominus Estate di Napa Valley al secondo posto Château Pichon Longueville Lalande – Pauillac 2018 e medaglia di bronzo per il Cabernet Sauvignon Oakville Martha’s Vineyard 2016 di Heitz.
Il primo degli italiani è il Brunello di Montalcino Le Chiuse 2016 di Simonetta Valiani, nipote di Tancredi Biondi Santi, al numero 5. Poco più giù nella lista dei TOP 100 troviamo il Brunello di Montalcino 2016 Poggio Landi del miliardario argentino Alejandro Bulgheroni, mio “vicino di casa” perché i suoi vigneti letteralmente confinano con quelli del Casato Prime Donne.
LISTA DEI PRIMI 15 VINI NELLA CLASSIFICA TOP 100 DEL WINE SPECTATOR
1. Dominus Estate Napa Valley 2018
2. Château Pichon Longueville Lalande Pauillac 2018
3. Heitz Cabernet Sauvignon Oakville Martha’s Vineyard 2016
4. Merum Priorati Priorat Destí 2018
5. Le Chiuse Brunello di Montalcino 2016
6. Louis Latour Corton-Charlemagne 2018
7. Château Léoville Poyferré St.-Julien 2018
8. Cavallotto Barolo Bricco Boschis 2016
9. Salvestrin Cabernet Sauvignon St. Helena Dr. Crane Vineyard 2018
10. Château de Nalys Châteauneuf-du-Pape 2018
Come spesso avviene la riflessione parte dalla lettura di un articolo intrigante su WineSearcher. Anche il titolo è intrigante <<Why arent there more 100 point wines>>. Perché i vini con 100 punti sono pochi? La risposta che mi viene spontanea è <<perché se fossero tanti questi riconoscimenti non varrebbe niente>> e ve lo dice una che lo sogna davvero.
100 CENTESIMI, UN PREMIO PER POCHI VINI COME TUTTI I PREMI IMPORTANTI
Tutti i premi importanti hanno pochissimi vincitori, basta pensare al Nobel oppure all’Oscar. Quando ho visitato il museo di Charlie Chaplin a Ginevra, ho notato che le gambe delle statuette erano abrase per essere state prese in mano tante e tante volte. Evidentemente anche una super star come Charlot li ostentava spesso.
Quindi non deve stupire se il numero dei vini insigniti con 100/100 è basso. Ma il ragionamento è più articolato e più intrigante.
CI SONO MOLTISSIMI VINI CON RATINGS DI 90 CENTESIMI O POCO OLTRE
La prima questione riguarda l’uso di scale di misura diverse. Perché la Michelin ha un sistema di stelle che arriva solo a tre?
Poi c’è l’affollamento dei 90 centesimi che è stato notato dal wine blogger britannico Jamie Goode. In pratica l’innalzamento qualitativo del vino in ogni parte del mondo ha causato una spinta verso l’alto dei giudizi.
Anche la commissione tecnica che valuta le vendemmie del Brunello fa sempre più fatica a tenere le valutazioni sotto il massimo di 5 stelle perché i campioni perfetti sono ogni anno più numerosi.
Va comunque considerato che i super buyer, come i monopoli canadesi, prendono in considerazione solo i vini sopra i 90/100 da parte della grande stampa del vino internazionale per cui arrivare a quel punteggio è indispensabile per fare buoni affari ed è l’aspirazione di tutte le cantine.
Io ho 9 vini sopra i 90/100 e vi assicuro che per una piccola cantina, come la mia, è un grandissimo risultato.
La prima enoteca femminista a Tolosa, l’OIV lascia Parigi ma rimane in Francia, la nuova rivista di vino Tanin diretta dall’esperta di vino Gabrielle Vizzavona
I gossip sul vino francese arrivano dalla Nuova Zelanda, dal super portale WineSearcher che fornisce i prezzi dei vini nelle enoteche di tutto il mondo. Sono notizie tinte di rosa e decisamente intriganti
A TOLOSA LA PRIMA ENOTECA FEMMINISTA
Constance Charvis e Marion Luc stanno aprendo a Tolosa il loro wine bar femminista La Gougnotte<<Un bar bienveillant, féministe, culturel, queer à Toulouse. Un bar où le vin fait sur place coule à flots ! >> un bar accogliente, femminista, culturale a Tolosa. Un bar dove il vino del territorio scorre liberamente. Oltre alla vendita e assaggio dei vini il programma del locale comprende conferenze, workshop e proiezioni in uno spazio libero per l’attivismo cioè in un <<bar militante>>.
SEMPRE GOSSIP DEL VINO , OIV CAMBIA CASA E LASCIA PARIGI
OIV-cambia-casa-Gossip-del-vino
A quanto parte l’ONU del Vino (OIV-Organizzazione internazionale della vigna e del vino) non intende lasciare la Francia dove ha sede dalla sua nascita nel 1924. Si tratta di un organismo intergovernativo che rappresenta 45 Stati membri ed ha competenze scientifiche e tecniche sulla vigna e sul vino per cui fornisce dati sulla produzione, i consumi e le normative per le quali svolge una lodevole opera di mediazione internazionale. OIV ha una leadership in rosa. È presieduto attualmente da Régina Vanderlinde, che guida anche il comitato scientifico e tecnico dell’OIV, assistita dalla vicepresidente Monika Christmann.
La nuova casa di OIV sarà probabilmente in una delle città del nel triunvirato francese: Reims ( Champagne ), Dijon (Borgogna ) e Bordeaux ( Pomerol ). Ovviamente la capitale dell’Aquitania sta proponendosi con decisione anche per rafforzare il suo ruolo di capitale mondiale del vino ma da un punto di vista scientifico la candidatura più forte appare Digione, sede dell’unica università dell’UNESCO dedicata alla vite e al vino.
Quello che sorprende è l’assoluta assenza di candidature italiane, tedesche o spagnole. La delocalizzazione dell’OIV sta andando avanti come se fosse una questione solo francese da far gestire al Governo di Emmanuel Macron.
La tecnologia propone i NFT- token non fungibili cioè immagini digitali uniche della bottiglia da investimento. Sono sicurissime ma danno lo stesso piacere?
La borsa di Louis Vuitton che costa 2.500€ e nella botteghina di Beijing ti viene offerta a 100€ è falsa, magari ben fatta, ma spudoratamente falsa. Ma come difendersi dai prodotti contraffatti e spacciati per veri che affollano gli scaffali dei supermercati così come le aste dei vini da collezione? Non si tratta di piccoli importi. Le bottiglie più care vendute all’asta sono un Romanee-Conti del 1945 costato 558.000$ nel 2018 e un Screaming Eagle Cabernet Sauvignon del 1992 venduto per 500.000$ nel 2000. L’autenticità è d’obbligo.
E’ stato calcolato che il prossimo anno il mercato mondiale dei falsi varrà 2,3 miliardi di miliardi. Una cifra con un numero coì grande di zeri che è impossibile scriverla. I falsari fanno un danno enorme a chi vende prodotti autentici e lavora per creare la loro reputazione.
Ma come difendersi?
ALIMENTI ITALIAN SOUNDING
Per formaggi e salumi le nuove etichette con l’indicazione d’origine delle materie prime sono un enorme aiuto, ma spesso basta guardare le confezioni. Per esempio, nel caso del falso made in Italy, il tricolore, il Colosseo, il Vesuvio …. sono tipiche dell’italian sounding. Le confezioni che ostentano l’italianità spesso, soprattutto all’estro, contengono parmisan del New jersey oppure mozzarilla tedesca.
Don Kavanagh, che ha analizzato l’enorme archivio di Wine-Searcherper capire le tendenze nell’anno del Covid ha visto che le ricerche sui vini più costosi sono aumentate: i cru di Borgogna, i Cabernet californiani, i Supertuscan e soprattutto lo Champagne di fascia alta. Un clamoroso aumento di interesse che corrisponde al 60% di vendite di super Champagne registrata da Liv-ex il borsino del fine wines.
DOM PERIGNON PROTAGONISTA ASSOLUTO SU TUTTI I MERCATI
Protagonista assoluto Dom Pérignon. Una corsa verso il lusso e il caro che sembra la reazione alla catastrofe che stava avvenendo con il Covid, come dire <<se devo morire almeno mi sarò tolto questo desiderio>>. Un andamento che sembra contraddire la tendenza all’essenzialità che i sociologi dicono essere scaturita dall’epidemia.
I 10 CHAMPAGNE PIU’ DESIDERATI DEL MONDO COSTANO DA 74 A 858 DOLLARI
Ma torniamo alla lista dei 10 Champagne più desiderati del mondo, quelli più cercati on line nel portale WineSearcher. La qualità è molto alta e il punteggio medio espresso dai principali critici va da 96/100 del Krug Vintage Brut al 91/100 del Pol Roger Cuvée Sir Wiston Churchill Brut e del Moet&Chandon Grand Vintage Brut che è tuttavia anche lo Champagne con il prezzo più basso 74$
Il più caro è, come era prevedibile, il SalonCuvée S Le Mesnil Blanc de Blanc Brut.
IL COVID HA SPINTO L’INTERESSE DEI CONSUMATORI VERSO BOTTIGLIE CARE E ESCLUSIVE
Rispetto alla stessa classifica redatta negli anni precedenti sono spariti gli Champagne famosi ma meno prestigiosi mentre l’attenzione dei consumatori si è concentrata sulle bottiglie di lusso esclusivo. Vini costosi ma non certo i più costosi perché alcuni Champagne hanno un cartellino a cinque zeri.
Nel periodo Covid l’interesse verso gli Champagne più prestigiosi ha fatto aumentare i listini in modo significativo solo al Salon cresciuto del 38% e al Bollinger Grand Année salito del 25% a bottiglia.
Non c’è male come effetto Covid!!!
Qualche buona idea per vendere il vino nei ristoranti USA e non solo. Quando il covid finirà, le bottiglie di vino dovranno essere parlanti e personalizzate
Donatella Cinelli Colombini: piccole cantine e ristoranti USA
Il Covid-19 ha messo a dura prova le piccole cantine indirizzate sulla produzione di vini di eccellenza e commercializzate quasi solo nei ristoranti. Per loro, entrare nel GDO è difficile e poco conveniente. Organizzare la vendita diretta è possibile solo per chi ha un bel pacchetto di contatti privati ed una forte attività on line. Ma forse ci sono canali export sottostimati e molto promettenti, anche a lungo termine.
Le note sotto riguardano gli Stati Uniti ma rispecchiano una situazione presente in quasi tutti i mercati.
Come sappiamo il sistema distributivo USA è diviso su 3 passaggi: 1) importatori o cantine locali, 2) distributori, 3) rivenditori o ristoranti. Si tratta di un’eredità del proibizionismo che solo le pochissime compagnie nate prima del 1920, riescono a superare. E’ un sistema che ingenera costi ed è adatto alle cantine italiane grandi o medio-grandi che fanno un grosso lavoro di marketing per accreditare brand e vini.
I PICCOLI IMPORTATORI “IN PROPRIO” PERFETTI PER LE PICCOLE CANTINE
Tuttavia esistono tanti piccoli importatori che non comprano per rivendere ma per consumare in proprio. Si tratta di titolari di catene di negozi o di gruppi di ristoranti che hanno creato una piccola ditta di import e comprano limitate quantità di vino direttamente dalle cantine. Generalmente non vengono in Italia per cercare i vini da importare ma usano il web o i consulenti. Se vengono nel nostro Paese chiedono consiglio alle migliori enoteche situate nell’area di produzione.
Cercano cantine piccole, di ottimo livello ma poco conosciute.
Houston: Donatella Cinelli Colombini e l’astronauta
LA VOCE DEI RISTORATORI USA: COSA AMANO COMPRARE
Ovviamente c’è una componente da talent scout, ma il principale motivo di una simile strategia è quello di evitare i confronti, sia con il prezzo della stessa bottiglia sugli scaffali dei rivenditori, sia nei portali online.
Per chiarire meglio la dinamica ripercorro un articolo di W. Blake Gray su WineSearcher, intitolato “Wine List Secrets Revealed”, vi rivelo i segreti della carta dei vini.
L’autore ha intervistato Bill Rancic vincitore del programma televisivo di Donald Trump “The Apprentice” nel 2004. Successivamente Rancic ha aperto i ristoranti RPM Italian e RPM Steak a Chicago, con un avamposto a Washington, DC. Recentemente ha organizzato un evento online con i grossisti di vino e alcolici d’America. Questo ha messo a fuoco il motivo per cui i ristoranti preferiscono vendere vini sconosciuto rispetto ai “soliti noti”.
Ci guadagnano di più.
Penfolds e Henschke Hill sono i più famosi ma non i soli vini australiani di alta qualità e di alto prezzo. L’enologia australiana non è solo Yellow Tail
Vini australiani più cari: Seppeltsfield Para Vintage Tawny Port
Yellow Tail, con il suo enorme successo è diventato il simbolo di un’enologia australiana indirizzata su vini ben fatti, piacioni e a basso costo. Un’immagine che banalizza una realtà produttiva molto più articolata e piena di eccellenze: dagli sparkling della Tasmania, al Riesling, fino a grandi rosé e Pinot Noir.
VINI AUSTRALIANI FRA JELLOW TAIL E GRANGE
I vini australiani premium sono l’argomento di due articoli di James Lawrence e di Natalie Sellers su Wine Searcher che ci aiutano a scoprire le eccellenze enologiche dell’isola dei canguri. L’ente governativo “Wine Australia” ha lavorato bene per ampliare i mercati ottenendo grosse crescite in Asia e soprattutto un bel successo in Cina. Nel gigante asiatico, le etichette australiane hanno beneficiato della nuova tassa di importazione sui vini USA e sono riuscite a introdurre numerose bottiglie di alto prezzo.
Contemporaneamente, nell’importantissimo mercato statunitense, lo Shyrah sta vivendo un momento molto favorevole e questo mette il turbo agli australiani che hanno proprio nello Shyrah la loro varietà regina.
Insomma l’immagine di vini australiani polposi, banali e allegri rimane anche perché è la parte più rilevante della loro produzione e del loro export, ma le vendite di bottiglie super premium della calda Barossa Valley e della fresca Eden Valley stanno sfornando autentici capolavori in bottiglia.
I 10 VINI AUSTRALIANI PIU’ CARI
Vini australiani più cari: Bass Phillip Reserve Pinot Noir
1. Seppeltsfield Para Vintage Tawny Port, Barossa Valley – si tratta di un vino fortificato. Il rating medio dei wine critics è di 95/100 ed il prezzo è molto elevato $ 5.660 per 750Cl.
2. Penfolds Bin 170 Kalimna Vineyard Shiraz, Barossa Valley – probabilmente il produttore di vino più famoso d’Australia. Cantina fondata nel 1844 e celebrata per i suoi Shiraz e Cabernet Sauvignon di fascia alta. Il Bin 170 ha un giudizio medio della critica di 94/100 e un prezzo di 1.356 $.
3. Bass Phillip Reserve Pinot Noir, Gippsland – fondata nel 1979. Dopo aver operato in modo biologico per molti anni, i vigneti di Gippsland sono biodinamici dal 2002. Ha una grande reputazione per i vini a lungo invecchiamento e punta sul Pinot Noir. Punteggio medio di 94/100 e prezzo di $ 675.
4. Torbreck The Laird, Barossa Valley – specializzato nell’utilizzo di vecchi vigneti nelle varietà Shiraz, Grenache e Mourvédre Punteggio medio di 93/100 e prezzo medio di $ 626.
Il sentiment sull’enoturismo è la fotografia di uno strabico. Il business 2020 è disastroso ma le cantine di tutto il mondo scommettono su una ripartenza veloce
Enoturismo 2021: le cantine francesi sono le più ottimiste
Per capire questa strana immagine di due occhi strabici partiamo dai dati presentati a Wine2wine da Nomisma-WineMonitor e vediamo che a fronte di un 55% di cantine che ha avuto cali nella vendita diretta, il 44% delle grandi imprese del vino e il 57% delle piccole intende potenziare l’enoturismo come strumento per superare la crisi.
ENOTURISMO STRABICO CON UN DISASTROSO 2020 E TANTE, TROPPE SPERANZE PER IL FUTURO
Già questo sembra un primo segno di strabismo, infatti se c’è un settore colpito dalla pandemia è proprio il turismo.
Se andiamo a vedere altre fonti, l’impressione di avere davanti una sovrapposizione fra sogni e realtà diventa ancora più evidente e non solo in Italia. Un articolo di W. Blake Gray su WineSearcher ci aiuta a capire l’opinione ottimistica dei produttori nonostante la generale (89%) consapevolezza, che fino al 2022 i flussi dei wine lovers saranno più scarsi di prima.
I dati provengono dal sondaggio internazionale di Winetourism.com con le risposte di 1.203 aziende vinicole di 34 paesi: 38,7% in Italia, 14,5% in Francia e 10,5% in Spagna.
Lo stesso sondaggio rivela che metà delle aziende vinicole ha perso oltre il 50% del business del proprio punto vendita escluso l’Australia e Germania, dove il 20% delle cantine nel primo caso e l’11% nel secondo, hanno aumentato le vendite al pubblico.
Enoturismo 2021: le cantine francesi sono le più ottimiste
TENGONO LE CANTINE TEDESCHE E AUSTRALIANE MA OLTRE LA META’ DELLE IMPRESE HA PERSO OLTRE IL 50%
I più ottimisti verso il futuro del turismo del vino sono i francesi: il 41% pensa ad un ritorno alla normalità nel 2021. Opinione condivisa anche dal 30% dei produttori spagnoli e australiani. Ma quasi tutti (80% di media e i tedeschi con l’89%) sono ottimisti su uno scenario a più lungo temine con l’80% che prevede una crescita del turismo del vino nella propria regione nei prossimi 10 anni. Per questo il 23% degli intervistati intende investire nella wine hospitality nei prossimi anni.
Il campione di 1.203 cantine da cui Winetourism.com ha ricavato i suoi dati è composto da aziende che traggono la maggior parte del loro business dal turismo enologico (56%) oppure da attività connesse come winery tours, corsi di cucina, oppure wine weddings.
I dati sulla tipologia dei clienti confermano l’aumento degli enoturisti “per caso” che sono ormai la netta maggioranza (57%), mentre i veri wine lovers sono il 15% del totale. Un dato che coincide con una tendenza registrata anche in Italia.
Il vino ha uno dei packaging più vecchi e scomodi di tutta l’industria alimentare: la bottiglia di vetro con tappo in sughero è pesante, difficile da impilare e necessita di uno strumento esterno per aprirla. Nessun altro prodotto è altrettanto problematico, ma cambiare il contenitore del vino è un’operazione ad alto rischio perché nel tempo aiuta la lenta evoluzione del liquido, mentre nell’immediato, le modifiche fanno crollare il valore percepito delle bottiglie e persino il loro prezzo.
VALORE GUSTATIVO ED ECONOMICO DEL RUMORE DELLA STAPPATURA
Vincenzo Russo, maggior esperto italiano di neuromarketing del vino, dice che il suono prodotto dalla stappatura aumenta persino l’apprezzamento gustativo e gli studi di marketing confermano che il tappo in sughero produce una propensione a pagare di più le bottiglie. Eppure l’uso del cavatappi è tra le cose più scomode che ci siano. Moltissimi consumatori giovani non lo sanno manovrare per cui c’è persino chi ha studiato come stappare il vino battendo il fondo della bottiglia con il tacco delle scarpe.
Donatella Cinelli Colombini con Petrus
E SE IL VINO SI VENDESSE IN FUSTI COME LA BIRRA?
Per questo Oliver Styles ha scritto un articolo fra il provocatorio e lo scherzoso per Wine Searcher di cui io vi riassumo qualche concetto. Il punto di partenza sono i banchi d’assaggio “WineEmotion” cioè quei dispenser che servono assaggi da beccucci metallici introducendo una carta prepagata. Il wine lover ha la possibilità di gustare a basso costo un notevole numero di etichette, mentre il vino viene mantenuto integro da un gas inerte.
Portando all’estremo questo sistema di consumo Styles si chiede se non converrebbe trasportare il vino in barili come la birra e poi spartirselo fra persone riunite di un gruppo d’acquisto. La descrizione prende toni esilaranti quando Oliver Styles spiega dove mettere il vino, estratto dal barilotto, per portarlo a casa.
Barolo più buoni secondo la critica internazionale: Giacomo Conterno
Ecco l’elenco dei Barolo con i punteggi più alti da parte delle riviste o le guide dei vini più importanti del mondo:
Giacomo Conterno Monfortino
Poderi Aldo Conterno Romirasco Bussia
Massolino Vigna Rionda Riserva
Luciano Sandrone Aleste-Cannubi Boschis
Bruno Giacosa Falleto Vigna Le Rocche
Giacomo Conterno Cerretta
Gaja Sperss Langhe
Giacomo Conterno Francia
Voerzio Riserva Vecchie Viti dei Capalot e Brunate
CLASSIFICA DI WINE SEARCHER DEI BAROLO CON I MIGLIORI GIUDIZI A LIVELLO MONDIALE
Massolino Vigna Rionda Riserva
La classifica arriva da Wine Searcher, il motore di ricerca per l’acquisto di vini online che, nel corso degli anni, è andato affermandosi anche grazie al suo servizio enciclopedico e magazine online, divenendo uno dei siti di vino più influenti del mondo. Una banca dati di 6 milioni di offerte commerciali provenienti dalle rivendite di tutto il pianeta.
Fra i servizi che offre c’è una sorta di rating che cumula il giudizio di guide e riviste di vino particolarmente importanti: Wine Advocate-Robert Parker, Wine Spectator, Wine Enthusiast, Galloni-Vinous, Decanter, Jancis Robinson, Cellar Traker.
Stereotipi di genere nel vino – Donatella Cinelli Colombini staff femminile del vino
Vicki Denig ci regala un’autentica perla intitolata <<Time to Kill Gender Stereotypes in Wine>> e pubblicata su Wine Searcher. Il punto di partenza sono gli stereotipi di genere nella descrizione dei vini: quelli “femminili” morbidi, eleganti e delicati, quelli “maschili” potenti, muscolosi e robusti. Un modo di esprimersi vecchiotto ma che secondo Vicki Denig è ancora diffuso <<nel Vecchio Mondo, in particolare in Francia>>.
GLI STEREOTIPI DI GENERE NELLA DESCRIZIONE DEL VINO
La maggior parte degli esperti interpellati da Vicki ammette di aver usato termini come femminile/maschile nel descrivere i vini, ma di averlo abbandonato trovandolo lontano dal sentimento attuale per cui suona quasi offensivo. Tuttavia c’è chi continua <<lo odio, ma lo uso>> dice Jeff Harding, direttore beverage al Waverly Inn di New York.
Stereotipi di genere nel vino – Donatella Cinelli Colombini staff femminile del vino
Molti considerano l’uso di stereotipi di genere una scorciatoia <<che tutti capiscono>>.
Sarà anche vero ma, come sottolinea Richard Betts <<chiamare un vino maschile o femminile significa sottoscrivere una vecchia idea del mondo (e per giunta binaria) che non prevede la vasta gamma di diversità della nostra meravigliosa umanità>>. In altre parole da per scontato che i gay non esistano.
MARKETING DEL VINO SEMPRE PIU’ ROSA
Ma la questione di genere, riguardo al vino, può essere guardata anche da altri punti di vista, come giustamente fa notare Civiltà del Bere. E’ sotto gli occhi di tutti come il marketing delle bevande alcoliche, vino compreso, guardi alle consumatrici donne con maggior interesse e scelga packaging, messaggi, colori … proprio per attrarre la loro attenzione. Il potere socioeconomico delle donne cresce e con questo anche il valore delle bottiglie che comprano.
Un viaggio nel sapore del vino attraverso i secoli che lascia sbalorditi e mostra come il gusto nel passato sia irriconoscibile rispetto a quello attuale. Se volete saperne di più andate al bellissimo articolo di Alex Russan su Wine Searcher mentre io vi fornirò solo qualche chicca
IL GUSTO DEL VINO NELLA PREISTORIA
L’uomo beve vino da circa 9000 anni ma all’inizio mischiava il frutto fermentato dell’uva più dolce col frutto di biancospino, birra di riso e idromele al miele, in altre zone aggiungevano resine degli alberi (linfa), fichi, miele, erbe aromatiche, orzo, grano, melograni, nocciole, rosmarino, timo, , assenzio….
Insomma il vino del neolitico era un intruglio capace di dare ebrezza e di conservarsi senza marcire come l’acqua. L’olio d’oliva veniva usato occasionalmente per
gusto-del-vino-attraverso-i-secoli-Caves López de Heredia Viña Tondonia
galleggiare sulla superficie del vino e proteggerlo dall’ossidazione.
Patrick McGovern, massimo esperto di enologia antica, afferma che <<quasi tutti i campioni antichi che abbiamo analizzato, risalenti al periodo medievale, sono stati addizionati di resina proveniente degli alberi. La presenza delle resine non dipendeva dall’apprezzamento del loro gusto. Esse erano l’anidride solforosa del mondo antico e conferivano al vino una barriera antimicrobica grazie al loro contenuto di terpenoidi. Il vino greco Retsina è l’unico residuo moderno dell’antichità anche se oggi è secca mentre probabilmente nel passato remoto era dolce come tutti i vini antichissimi. Fanno eccezione i vini dell’Armenia settentrionale e della Georgia sud-orientale che forse erano puri anche 6000 anni fa.
Diverso era anche il modo di consumare il vino che veniva aggiunto da 4 -5 parti di acqua. Pratica ben nota all’epoca greco romana e che è durata quasi fino ai tempi moderni come dimostrano gli scritti di Thomas Jefferson.
IL VINO NEL MEDIOEVO
Sappiamo poco del vino nel Medioevo salvo il fatto che generalmente era adulterato e consumato molto giovane. Il periodo caldo medievale, che è iniziato verso il 950 ed è durato fino al 1250 d.C. è stato seguito dalla piccola era glaciale dal 1300 all’Ottocento. Le differenze climatiche hanno influenzato il carattere del vino e i luoghi di coltivazione della vite.
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