
Come dialogare con le istituzioni locali
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Non sono un politico, io sono una vignaiola. Amo il mio lavoro anche se per dieci anni sono stata assessore al turismo della città gotica più bella del mondo: Siena. Qui ho imparato alcune cose che credo siano utili per tutti: come rapportarsi efficacemente alle istituzioni locali, in base alla mia esperienza posso assicurarvi che la maggior parte dei cittadini non lo sa fare. Per questo vorrei darvi alcuni consigli
Le istituzioni locali non sono come una mela che, da qualunque parte la mordi, è sempre una mela, Comune, Provincia e Regione hanno competenze diverse e si dividono in tanti spicchi spesso non collegati fra loro. Invece, per molti cittadini il potere locale è qualcosa di unitario e indistinto per cui è possibile chiedere al turismo una cosa che compete all’urbanistica convinti che il problema verrà risolto. Quando questo non avviene si sentono traditi dalle istituzioni locali e le vedono come elefanti ingombranti e inefficienti. Forse è un po’ vero ma non del tutto, spesso il cattivo risultato è colpa anche dei cittadini che non sanno come dialogare con i poteri locali.
Durante la mia esperienza di amministratore ho imparato molte cose, una delle quali è utile a tutti e conosciuta a pochi: come ottenere che l’istituzione pubblica affronti uno specifico problema. Di seguito ci sono i miei consigli. Spero di essere utile a chi legge e di ricevere suggerimenti e domande.
di Donatella Cinelli Colombini
QUANDO
La scelta del momento giusto è determinate. Chi non vuole sfidare la sorte deve presentare le proprie richieste o i propri progetti entro aprile dell’anno prima cioè molto in anticipo rispetto alla programmazione. La spartizione delle risorse “correnti” ha luogo tra novembre e dicembre e permette, a ogni ufficio pubblico, la redazione del PEG – programma economico di gestione – i primi dell’anno successivo. A quel punto le attività sono definite ed è quasi impossibile aggiungerne altre; solo negli ultimi mesi dell’anno, a volte, ci sono dei risparmi di gestione o qualche progetto non realizzato che libera denaro per nuove iniziative.
Per un’amministrazione locale gli anni non sono tutti uguali. Il primo dopo le elezioni soprattutto per le giunte al primo mandato è un momento di sbandamento. Gli amministratori sono molto più ricettivi che nelle fasi successive ed è il momento giusto per presentarsi e istaurare rapporti forti ma raramente si ha di fronte persone concretamente operative. Spesso alla grande buona volontà si associa una grande confusione.
L’ultimo anno e mezzo prima delle elezioni è ugualmente poco produttivo. L’amministrazione pubblica porta in fondo le cose iniziate ma difficilmente mette altra carne al fuoco.
Al contrario il momento migliore per rivolgere le richieste ai politici è prima delle elezioni. Il candidato ha un programma di mandato in cui è bene far inserire tutto ciò che serve ai cittadini. Ovviamente la richiesta è tanto più ascoltata quanto più rispecchia un bisogno collettivo quindi è portata da un’associazione, da un sindacato o da un circolo.
DA CHI E CON CHI
Rivolgersi alla persona sbagliata è un sistema sicuro per non ottenere niente oppure per perdere molto tempo.
Quando un assessore si fa portavoce della richiesta di un cittadino presso un collega riceve sempre la stessa risposta << digli che venga da me>>. Specialmente quando c’è la possibilità di una risposta positiva il politico non delega il rapporto con il cittadino perché questo ingenera voti. Per questo, nel caso i voti siano molti, il primo interlocutore accompagna chi si è rivolto a lui dal collega in modo da ottenere parte della sua gratitudine.
La situazione è simile con gli impiegati. Il cittadino che sente frasi del tipo << questo non è di nostra competenza, chieda ai colleghi al piano di sopra >> ha la sensazione di un cattivo rapporto fra gli uffici mentre il problema non sono i rapporti bensì la burocrazia italiana che si difende da ogni invasione di campo. L’impiegato che tenta di aiutare il cittadino ottiene reazioni del tipo << ma di che t’impicci, mandalo qui>>.
Ma conviene rivolgersi a un amministrativo oppure a un politico? Io consiglio la prima opzione: i dirigenti e i funzionari restano mentre i politici cambiano. Il più delle volte gli amministrativi sanno cosa è permesso, cosa è vietato meglio dei politici e trovano più facilmente le soluzioni. La risposta dei tecnici è quindi generalmente più veloce e più esatta.
Cosa diversa quando il problema del cittadino è l’esempio di una criticità generalizzata e questi si fa accompagnare da un’associazione di categoria. A quel punto la dimensione e l’importanza della cosa diventa davvero politica cioè inerente al buon governo del territorio e le reazioni vanno inquadrate in un intervento diffuso e strutturale. La soluzione è a volte più lenta ma più incisiva nella vita dei residenti.
E’ comunque bene mantenere un rapporto e un dialogo costante con le istituzioni. Frequentare gli uffici, conoscere il loro orientamento e la loro attività, solo in questo modo, se un treno passa, è possibile salirci sopra.
COME
Lamentarsi è inutile, accusare è controproducente, la cosa corretta è esporre problemi e fare richieste precise.
L’amministrazione pubblica funziona in base ad atti scritti quindi è indispensabile documentare la propria richiesta con una relazione contenente la descrizione dei fatti e dei disagi da essi ingenerati oltre alla lista delle richieste. La risposta affermativa o negativa dipende spesso da un criterio di uniformità: se il Comune vieta a tutti di allargare le finestre nelle case antiche non lo permette neanche a chi ne ha un estremo bisogno. Spesso questi dinieghi vengono percepiti dal cittadino come una limitazione dei suoi diritti ma in realtà le regole con troppe eccezioni producono la vera ingiustizia.
PERCHE’
L’ente pubblico interviene molto spesso “su richiesta”. Si tratta di un modo di lavorare evidentemente sbagliato che va collegato a un difetto organizzativo.
La selezione e la formazione del personale dirigente del settore pubblico è basato su esami che verificano la conoscenza del “testo unico” cioè sulle leggi e i regolamenti amministrativi. Si tratta di un metodo ottocentesco che premia la memoria e la capacità analitica. Non ci sono test attitudinali o psicologi a valutare la “capacità distributiva” cioè la capacità di mettere in successione le cose da fare e la capacità di distinguere quelle indispensabili, importanti, utili e superflue mettendole in ordine di urgenza. Il risultato è che gli uffici pullulano di persone che vedono con chiarezza i divieti e il processi amministrativi ma non l’obiettivo, cioè il cittadino e i suoi bisogni.
Questa circostanza ne ingenera un’altra: i dipendenti pubblici, anche a livelli alti, hanno difficoltà a fare quell’attività di programmazione e organizzazione che permette al territorio di funzionare bene, in altre parole tendono a intervenire “su richiesta”. Molti di loro danno la colpa ai politici che decidono in base alla voce della piazza e vanno avanti ognuno per conto loro senza seguire un progetto strategico. Per la verità il progetto strategico dovrebbe essere contenuto nel programma elettorale di presidenti e sindaci ma leggendo questi testi si capisce come, nella stragrande maggioranza dei casi, il disegno politico manchi come la successiva capacità di far procedere il proprio ente in modo organico.
Peccato, peccato perché la pubblica amministrazione è piena di persone capaci, che lavorano sodo e si impegnano al massimo per mandare avanti gli uffici.
Peccato perché le procedure da seguire sono labirintiche e passano attraverso più dipartimenti per cui basta incappare in un funzionario in ferie per bloccarsi del tutto .….. Puoi essere bravo quanto vuoi ma in queste condizioni è quasi impossibile lavorare velocemente e a bassi costi.
Peccato perché negli enti pubblici ci sono troppe persone “con sponsor politici” che sono poco capaci, hanno poca voglia di lavorare ma in compenso hanno molto potere.
Migliorare le cose è possibile ma bisogna cambiare le regole del gioco altrimenti chi ha talento scapperà dagli enti pubblici e dalla politica oppure si rassegnerà a fare molto, molto ma molto meno di quello che potrebbe .