
Il mal dell’esca è stato sconfitto?
Forse arriva da Montalcino, per opera di 3 agronomi toscani la cura bio che guarisce l’80% delle viti dal mal dell’esca. Il fungo killer delle viti

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Di Donatella Cinelli Colombini
Da circa 20 anni il mal dell’esca è la principale causa di morte delle viti. Si tratta di una malattia collegata a una serie di funghi che producono due principali effetti: una necrosi del fusto e una striatura delle foglie causata dagli ifomiceti Phaeomoniella chlamydospora e Phaeoacremonium aleophilum e una carie bianca attribuibile invece dal basidiomicete Fomitiporia mediterranea. Entrambi i funghi possono rimanere latenti a lungo per cui la vite continua a produrre uva ma contemporaneamente libera spore che infettano altre piante. Questo aggrava il problema perché le piante infette andrebbero subito spiantate e bruciate. Recentemente il numero di viti infette provenienti dai vivai è cresciuto sensibilmente e dopo il sesto anno di età molti giovani vigneti rivelano un bel numero fallanze.
MAL DELL’ESCA PRINCIPALE CAUSA DI MORTE DELLE VITI
Il mal dell’esca è quindi un problema diffuso e grave. Ha un grande impatto economico perché, costringere i vignaioli a costanti opere di “complantazione” cioè a sostituire le piante morte con esiti spesso poco soddisfacenti e riduce enormemente la durata di vita dei vigneti impedendo ai produttore di avere appezzamenti di oltre cinquant’anni sani e capaci di produrre vini di grande personalità.
LA DENDROCHIRURGIA DI SIMONIT E SIRCH
Per curare il mal dell’esca Simonit & Sirch la coppia che ha reintrodotto nei vigneti italiani i sistemi antichi e più rispettosi della salute del tronco, avevano proposto una sorta di “tecnica da dentista” chiamata dendrochirurgia che consisteva nel ripulire il tronco delle viti come si fa con le carie dei denti. Su questa tecnica stanno iniziando i corsi per formare i vignaioli.
I TRATTAMENTI PREVENTIVI A BASE DI FUNGHI ANTAGONISTI AL MAL DELL’ESCA
La maggior parte delle imprese effettua dei trattamenti preventivi a base di funghi antagonisti ma questi interventi servono solo a ridurre il problema senza risolverlo.
L’attesa di una cura risolutiva è quindi forte fra i vignaioli del mondo e soprattutto fra quelli che coltivano Sauvignon, Merlot e Sangiovese.
PASSERINI GUERRIERI E ERCOLANI E LA LORO CURA AL MAL DELL’ESCA
Ora sembra arrivare una soluzione. La propongono tre agronomi toscani – Alberto Passeri, Mario Guerrieri e Roberto Ercolani – che dal 2017 collaborano per sperimentare una cura biologica e il suo protocollo. Gli esiti sono molto promettenti con l’80% di viti guarite. Il metodo somiglia a quello di Simonit & Sirch anche se prevede un minor uso del trapano. Il tronco malato viene aperto e spalmato di una pasta curativa. Questo impacco bio rimane sulla pianta tutto l’inverno e la primavera successiva gli effetti positivi sono già evidenti con foglie sane e un buon recupero produttivo. A questo punto i tre agronomi intendono fare le verifiche scientifiche del loro metodo e hanno creato una startup battezzandola “Escafix” che si appoggia al Crea – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura, con l’obiettivo di registrare il Brevetto Italiano del protocollo. La prima sperimentazione è stata promossa a pieni voti con l’85% di viti Sangiovese guarite e il 78-80% di esiti positivi sul Sauvignon.
I TEST A MONTALCINO E NEL RESTO DELLA TOSCANA
I test sono avvenuti a Montalcino nell’azienda La Gerla e si sono poi allargati anche fuori del territorio del Brunello: Querciabella, nel Chianti Classico e in Maremma, Castello di Monsanto nel Chianti Classico, Banfi, Caparzo, Ferrero e Fanti a Montalcino, Mantellassi e Castello di Montepò – Biondi Santi nel Morellino di Scansano. In futuro proseguirà anche alla Fattoria San Leonardo in Trentino e al Castello di Fonterutoli nel Chianti Classico.
Tutte le aziende del vino sono in attesa della cura al mal dell’esca ed è un grande orgoglio poter dire che la soluzione a questo annoso problema, su cui lavorano università e centri di ricerca di tutto il mondo è arrivata dalle vigne di Montalcino e dal talento di tre agronomi toscani che hanno lavorato in autonomia. Bravi sono orgogliosa di voi!