La guerra dell’Amarone continua
Un monito a tutti i consorzi: solo uniti è possibile avere successo! Nella guerra dell’Amarone perdono tutti: i produttori e il territorio, non solo le famiglie storiche
Di Donatella Cinelli Colombini
L’associazione delle Famiglie dell’Amarone d’Arte è stata fondata nel 2009 e attualmente riunisce alcuni dei principali brand del grande rosso veneto: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato. E’ stata fondata con lo scopo di esaltare l’identità del prezioso Amarone della Valpolicella e promuovere il rispetto della sua tipicità, la lunga tradizione artigianale e la valorizzazione del suo territorio, la sostenibilità e la ricerca.
LE FAMIGLIE DELL’AMARONE D’ARTE E LO SCONTRO CON IL CONSORZIO
Lo scontro con il Consorzio Vini Valpolicella parte dalla modifica del disciplinare di produzione dell’Amarone decisa dal Consorzio e riguardante la possibilità di produrre il vino DOCG da uve appassite in aree di pianura prima escluse.
Agli attacchi delle famiglie l’associazione consortile ha risposto, cinque anni fa, contestando l’uso delle parole Amarone d’Arte in una forma che induce il consumatore a ritenere il vino delle famiglie, sia migliore degli altri della stessa denominazione. Dopo la condanna in primo grado le 13 famiglie dell’Amarone hanno cambiato il marchio del sodalizio in famiglie storiche.
LE FAMIGLIE STORICHE DELL’AMARONE PERDONO LA CAUSA IN ITALIA E LA VINCONO IN EUROPA
La condanna è stata ribadita dai giudici della Corte d’Appello del Tribunale di Venezia che hanno imposto alle Famiglie storiche di diffondere la sentenza sui quotidiani nazionali. Pena economicamente rilevante che è stata stimata in 160.000€ ed ha spinto, il presidente del sodalizio Alberto Zenato, a proporre al Consorzio della Valpolicella l’utilizzo di tale somma per un progetto condiviso di valorizzazione e protezione della Denominazione. In cambio le famiglie avrebbero rinunciato al ricorso in Cassazione e a far valere le due decisioni ottenute dall’Ufficio per la proprietà intellettuale europeo (Euipo), che hanno affermato la correttezza del vecchio marchio “Famiglie dell’Amarone d’Arte”.
LA PROPOSTA DI ACCORDO DELLE FAMIGLIE RESPINTA DAL CONSORZIO
Purtroppo la proposta è stata respinta dal Consorzio che, per bocca del presidente Andrea Sartori, ha evidenziato la necessità di tener distinte la sentenza della magistratura dalla ricerca di un rasserenamento fra le imprese della Valpolicella.
Tutta la vicenda è, da anni su tutte le testate enologiche del modo. Un danno enorme al brand e al territorio dell’Amarone. Soprattutto, come ha giustamente osservato Fabio Piccoli, tutti si chiedono <<i come sia mai possibile che produttori illuminati, capaci, sulla cosiddetta cresta dell’onda, si siano fatti sopraffare da invidie, frustrazioni, guerre intestine di ogni genere>>.
Persino il 50° anniversario della denominazione, due anni fa, è stato l’innesco di nuove polemiche e accuse con dichiarazioni alla stampa e on line. Così come fa una pessima impressione vedere le presentazioni dei vini di una stessa DOCG in due sedi e con attori diversi come se l’Amarone non fosse un patrimonio comune di uno stesso popolo e di uno stesso territorio, un atteggiamento che alla fine fa perdere tutti.
I DANNI DEI CONFLITTI FRA I PRODUTTORI RICADONO SULLA DENOMINAZIONE E IL TERRITORIO
Una vicenda diversa ma, per certi versi simile, a quella che divide i produttori di Montepulciano con cordate averse al consorzio nate da decisioni non condivise e diventate poi l’innesco di polemiche, accuse, contrasti …. Che hanno generato eventi organizzati in autonomia dai fuoriusciti dal Consorzio. Iniziative che sono state percepite, soprattutto dalla stampa straniere, come la volontà di distinguersi da parte di chi riteneva di produrre un vino migliore degli altri.