
IL PERCORSO DELLA VISITA GUIDATA IN CANTINA
Sapete qual è la visita guidata più sbagliata? Quella che mostra e spiega ai turisti le stesse cose che vedono e sentono in tutte le altre cantina. Noiosissima!

Visita in cantina: tinaia, Casato Prime Donne a Montalcino
Di Donatella Cinelli Colombini
Peggio c’è solo lo sconcerto provocato da chi parla male dei colleghi della stessa denominazione. Dannosissimo! I propri concorrenti non vanno criticati ma superati evidenziando ciò che distingue la propria azienda e in cosa supera ogni altra. E’ questo l’argomento da sviluppare, con sincerità e giusto orgoglio.
La costruzione del percorso turistico in cantina ha due aspetti: uno logistico e uno contenutistico.
Itinerario della visita in cantina
L’itinerario puro e semplice deve prevedere punti di sosta in cui fare le spiegazioni. Lo spazio dedicato dovrebbe contenere almeno 20 -25 persone, cioè la metà dei passeggeri di un bus da 12 metri. Ritengo che questo sia la dimensione massima del gruppo che una buona guida può gestire sollecitando l’attenzione e conciliando le esigenze di quelli che hanno formazione e interessi diversi. Nei punti di sosta servono dei sedili e degli oggetti o immagini capaci di esemplificare ciò che viene spiegato dalla guida.
Ai fini didattici sarebbe meglio iniziare il percorso turistico dalla sala di vinificazione, ma in realtà la tinaia con l’acciaio, le pompe, i pannelli di controllo ha un impatto tecnico che fa calare la temperatura emotiva dei turisti del vino. Molto meglio iniziare la visita fra le botti che trasmettono più calore e emozione.

Visita in cantina: tinaia, Casato Prime Donne a Montalcino
Una precauzione che riguarda soprattutto i turisti “generalisti” senza un reale interesse per il vino, fra i quali è diffusa una certa preoccupazione nei confronti della tecnologia enologica come manipolatrice della natura. Sul versante opposto, i veri esperti di vino apprezzano le parti più aggiornate e tecnicamente avanzate della cantina per cui hanno una reazione molto più favorevole rispetto all’ultimo modello di tavolo di cernita con lettore ottico che seleziona gli acini.
Come arricchire e diversificare il percorso della visita in cantina
In ogni caso i percorsi vanno studiati in anticipo e attrezzati in modo da non apparire molto simili a tutti gli altri. Molte cantine contengono opere d’arte (Bellavista, Ornellaia, Ama …) altre hanno architetture spettacolari; ce ne sono alcune in ambienti storici di grande suggestione come Badia a Coltibuono in Chianti Classico oppure quelle Florio a Marsala, altri produttori hanno usato i loro interessi per distinguersi, come i Dei di Montepulciano che si occupano di travertini e li hanno usati per costruire la bottaia. Qualunque tattica va bene, basta non omologarsi. Io, ad esempio, nella cantina del Casato Prime Donne ho messo nel percorso pannelli che permettono di raccontare la storia di Montalcino mentre la sala da vinificazione è trasformata in un ambiente immersivo con immagini e suoni della tradizione locale.
Il rischio di apparire “tutte uguali” è abbastanza tangibile. Nel 2° Rapporto sul turismo enogastronomico italiano, redatto dalla Professoressa Roberta Garibaldi nel 2018, c’è un primo campanello d’allarme: cresce moltissimo la visita dei luoghi di produzione ma, a sorpresa, la vista delle aziende agricole (62%) supera la voglia di entrare nelle cantine (56%). Questo potrebbe derivare dallo scarso impegno delle imprese enologiche nel diversificare la proposta turistica, confidando sull’illusione che basti mostrare tini e botti di ottima tipologia offrendo alla fine un piccolo assaggio eccellente. Forse 20 anni fa poteva essere sufficiente, ma ora non basta più. La cantina deve avere un carattere unico ed essere percepita come tale.
Le spiegazioni durante il percorso
Anche le spiegazioni da fornire lungo il percorso vanno studiate in anticipo e contenere un mix di argomenti generali sulla denominazione (più adatti ai neofiti e agli stranieri), di aneddoti storici per affascinare i “turisti del vino per caso” e di specificità aziendali, molto gradite da chi sa già molto sui vini italiani. L’enoguida esperta ha un portafoglio molto ampio di argomenti fra cui scegliere a seconda del tipo di turisti che ha davanti. Un modo per rendere anche meno alienante il lavoro di condurre i gruppi dei visitatori che, senza diversificarsi, trasforma le persone in audioguide e impedisce il legame emotivo fra gli enoturisti, la cantina e le persone che ci lavorano. La cosa importante è che le spiegazioni siano coinvolgenti, brevi e precise. La guida deve insomma mostrarsi competente ma non supponente e offrire un mix di professionalità e calore.