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Le 327 piccole denominazioni di vino devono sparire?

76 denominazioni imbottigliano il 92% del vino DOC-DOCG e c’è chi chiede di concentrare gli sforzi promozionali su queste e sui mercati maggiori

 

Carlo Flamini

Carlo Flamini

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
Carlo Flamini, direttore de “Il Corriere vinicolo” organo di stampa dell’Unione Italiana Vini maggiore confederazione degli industriali del vino ci propone un articolo intitolato “Tempo di scegliere” con un duro attacco alle piccole denominazioni. Il punto di partenza è il resoconto di Valoritalia più importante ente certificatore dei vini italiani, sull’attività 2012-13. Proiettati su scala nazionale i dati Valoritalia ci mostrano una

Riccardo Ricci Curbastro

Riccardo Ricci Curbastro

concentrazione del 92% delle bottiglie Dop in 76 denominazioni mentre alle restanti 327 sarebbe riferibile solo l’8% dell’imbottigliato con una media di 3.000 hl pari a 40.000 bottiglie ciascuna. Questi numeri conducono il direttore del “Corriere vinicolo” a una riflessione sulle 10 denominazioni –vitigni maggiori << che hanno bucato i mercati, consentendo la sostenibilità dell’intero settore. E’ tempo di riconoscere laicamente la situazione e di mettere in grado le aziende che li producono di avere strumenti di promozione efficaci e mirati>> In altre parole si chiede di concentrare le risorse OCM secondo un nuovo criterio che privilegi le regioni, le denominazioni e i vitigni più forti: Prosecco, i due Chianti, Montepulciano, Asti, Moscato, Soave, Valpolicella e Toscana IGT, Sicilia, Terre di Sicilia, vini a base di Negroamaro e Primitivo.

Ma il vino in Italia si vende o si regala?

Un’ indagine Cribis –D&B mostra come ristoranti e commercianti paghino male, molto male. Un sistema in crisi ma c’è un’alternativa: Filiera Agricola Italiana

Vino italiano

Vino italiano

Il titolo usato da Carlo Flamini, direttore del “Corriere vinicolo” sembra una sentenza: Il dominio dell’insolvenza. Purtroppo i dati confermano la premessa: solo il 18% dei ristoranti e il 24% dei dettaglianti salda le fatture puntualmente.

Ancora più preoccupanti le note sui fallimenti: il 14% delle imprese del vino, il 18% dei ristoranti, e

Carlo Flamini al centro

Carlo Flamini al centro

il 22% dei GDO potrebbero non pagare le forniture.  Il rischio chiusura non riguarda solo i parvenù  ma anche chi è sulla breccia da anni e soprattutto molti ristoranti che sono in cima alla classifica dei settori  ad alto ciclo di chiusura. Stupisce di trovare, tra le imprese con pagamenti a rischio anche il 22% di grande distribuzione. Evidentemente non solo le imprese famigliari traballano ma anche quelle più strutturate perché le banche hanno stretto i cordoni della borsa.  Mi chiedo se la nuova norma, voluta dal Ministro Catania, sui pagamenti a 60 giorni (30 giorni per frutta e verdura), accelererà il collasso invece di risolvere le cose.  Insomma da un lato il Governo manda messaggi rassicuranti e dall’altro cresce il numero di chi chiude i battenti o vede a rischio la sua busta paga.