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Viaggiare dormendo in casa d’altri, bello ma anche legale?

Nell’epoca dello sharing è di moda cenare negli home-restaurant, avere per guida una persona del posto e dormire in case dove i proprietari affittano una camera

airbnb

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Di Donatella Cinelli Colombini

Della serie <<basta cose per i turisti vogliamo cose vere!>>. Quella di entrare nella vita del posto è una moda dilagante che si propaga via internet e sembra una rivolta a tutto ciò che è plastificato, artefatto e soprattutto contro i “non luoghi” cioè gli ambienti che potrebbero essere ovunque nel mondo, dove senti lo stile dell’architetto o dell’arredatore ma non la civiltà locale, quella che si è sedimentata nel corso dei secoli e sa di vissuto.

Airbnb: Joe Gebbia,Brian Chesky e Nathan Blecharczyk

Airbnb: Joe Gebbia,Brian Chesky e Nathan Blecharczyk

E’ questa voglia di autentico il drive dei nuovi consumi turistici non il risparmio o almeno non solo il risparmio. Il problema è come conciliare queste proposte con le regole nate per tutelare la salute, contrastare la criminalità e pagare le tasse. Ed ecco che Airbnb, la più grande piattaforma di affitti privati di camere e appartamenti, è stata messa sotto accusa persino nel Paese della libertà d’impresa, gli USA. In America la durata minima dell’affitto di una casa è 30 giorni mentre molte prenotazioni Airbnb sono di una sola notte. Infatti nel sito c’è scritto <<Sia che si tratti di un appartamento per una notte, di un castello per una settimana o di una villa per un mese, Airbnb mette in contatto le persone tramite autentiche esperienze di viaggio, a qualsiasi prezzo, in più di 34000 città e 190 paesi>>