Mamma Francesca finisce 90 anni
Francesca Colombini Cinelli spenge 90 candeline ma rimanda la festa dopo il mio piede ingessato per gustare insieme tortellini, meringhe e Brunello

Francesca Colombini Cinelli con Carlo, Donatella, Violante, Stefano e Giovanni
Di Donatella Cinelli Colombini
Mia madre Francesca è nata a Modena dove suo nonno, Pio Colombini, insigne dermatologo, era rettore dell’Università. Un ruolo prestigioso, nel secondo più antico ateneo italiano (che Pio Colombini riempì di lapidi autocelebrative), e in una città piccola ma colta e ricca, che tutta la famiglia visse molto felicemente. A riprova di questo sentiment, mia madre, ha appeso in camera da letto, la foto dell’edificio dove nacque, ma ricorda con una punta di orgoglio <<nella casa di Montalcino arrivò la corrente elettrica prima che in quella di Modena>>. Del periodo emiliano è rimasto, in famiglia, un amore sviscerato verso i tortelli fatti a mano.
FRANCESCA COLOMBINI A MONTALCINO NEL LIBRO “IL VINO FA LE GAMBE BELLE”
Figlia unica, mia madre è stata educata quasi come un uomo: andava a caccia e sapeva guidare trattori e camion. Prima e durante la seconda guerra mondiale, mio nonno Giovanni Colombini la rendeva partecipe di tutto ciò che avveniva. Gran parte dei suoi ricordi sono raccontati nel libro intitolato Il vino fa le gambe belle (2005). Una narrazione che riguarda anche la successiva metamorfosi di Montalcino da borgo rurale florido e guerriero, in insediamento povero a causa dell’esodo delle campagne e infine nelle città del Brunello.

Francesca Colombini Cinelli con Donatella e Stefano
Il soggiorno a Montalcino di mia madre si interruppe nel dopoguerra con un lungo soggiorno a Firenze, città a lei molto cara. Qui ha frequentato Istitut Français di Firenze, una scuola superiore dove lei acquisì una padronanza della lingua che ha mantenuto tutta la vita. Viveva nella “Casa di Boccacio” dove ora abita mia figlia Violante con il marito Enrico. Qui siamo cresciuti io e mio fratello Stefano, prima del trasferimento a Siena che coincise con la morte di mia nonna Giuliana, adorata moglie di Giovanni Colombini.
GIOVANNI E FRANCESCA COLOMBINI ALLA FATTORIA DEI BARBI
Fu in questi anni che mia madre iniziò a lavorare alla Fattoria dei Barbi andando avanti e indietro, ogni giorno, con una Cinquecento FIAT bianca. La ricerca di alternative all’agricoltura mezzadrile del passato, fu un’impresa che mio nonno Giovanni e mia madre Francesca, vissero insieme con fatica, tenacia e creatività. Lui estroverso e cresciuto fra gli accademici, amava circondarsi di intellettuali e aveva un approccio più colto e visionario. Lei pragmatica e dotata di un’eccellente capacità organizzativa (lei, io e mia figlia Violante siamo dislessiche, una disabilità che diventa un punto di forza per i managers) si dedicava al lavoro operativo. Una situazione che in qualche modo mi favorì, perché mamma Francesca sfuggiva le occasioni sociali amate da mio nonno, per cui ero soprattutto io ad accompagnarlo. Questo mi dette modo di capire il cambiamento di considerazione verso il vino e il lavoro della terra, così come mi insegnò a progettare mescolando lungimiranza e concretezza. Credo di aver avuto la mia vera formazione professionale proprio in quei viaggi.
Mia madre Francesca e mio nonno Giovanni, insieme misero le basi dell’azienda attuale trasformando le piccole attività di cantina, caseificio, salumeria e ristorazione, nel prototipo dell’attuale agricoltura polifunzionale che sa affrancarsi dall’industria agroalimentare e parte dai campi per arrivare sulla tavola dei consumatori. Un anticipo di quasi cinquant’anni al progetto europeo Farm-Fork.
Dopo la morte di mio nonno Giovanni Colombini, nel 1976, mamma ha guidato la Fattoria dei Barbi da sola per oltre vent’anni dando alle cantine un mercato e una reputazione internazionali. Se mio nonno aveva avuto le intuizioni, fu lei a creare le strutture produttive con muri ed impianti.