Web e cantine aperte: una scelta obbligata
Web delle cantine: le difficoltà di essere visibili in un mondo virtuale dove il turismo è protagonista e investe tantissimo ma non esserci è mortale
Di Donatella Cinelli Colombini
Nel 2015 Nomisma, ha intervistato 1200 aziende agricole scoprendo che 6 agricoltori su 10 usano internet tutti i giorni per lavoro, il 18% ha lo smartphone o il tablet ma solo una piccola minoranza ha un sito internet. Il dato corrisponde a quello del CNR secondo il quale solo il 5% delle aziende agricole, che sono circa 1.2 milioni, ha un sito ma questa percentuale è nettamente più alta fra le imprese che producono vino.
Se poi esaminiamo la qualità di questi siti vediamo che molti non sono responsive cioè non sono navigabili con il cellulare, quasi tutti hanno evidenti errori nella struttura e nei contenuti per cui non sono indicizzabili. Molti sono solo in italiano e hanno un
caricamento lentissimo con un risultato sgradevole per chi li confronta alle immagini virtuali delle cantine di California, Francia o Sud Africa. Il problema nasce dal livello tecnico insufficiente e dallo scarso aggiornamento di molte agenzie “di campagna” cioè fuori dai centri come Milano o Bologna dove ci sono Università di ingegneria e un fitto tessuto industriale. Il risultato è spesso un sito inadeguato a promuovere il vino e il turismo del vino. BeSharable ha effettuato una ricognizione nelle cantine medie e piccole, cioè in quelle che maggiormente trarrebbero profitto da una buona attività on line scoprendo che il 43% ne aveva piena consapevolezza e voleva attivare nuovi canali di comunicazione web entro il 2015.