Mineralità del vino fra terroir e abusi di marketing
La mineralità è un concetto corretto per descrivere il vino di certi terroir e diventa puro marketing altrove. Ma serve davvero capire la sua origine?

Mineralità del vino Riesling della Mosella
di Donatella Cinelli Colombini
Leone Zot ha scritto un meraviglioso post per Intravino sulla mineralità del vino. L’inizio è molto tecnico con la spiegazione di come il cervello elabora ciò che i sensi percepiscono.
COME IL CERVELLO DECODIFICA ODORI E SAPORI IN BASE AL PIACERE E AI RICORDI
Traduce nella pratica ciò che Vincenzo Russo, il guru italiano del neuromarketing, sostiene da anni: ciò che sentono il naso e la bocca passa attraverso i filtri celebrali del piacere e della memoria per cui restituisce emozioni e ricordi non oggettivi ma <<diventa soggettiva, intima, non più scambiabile>>. Opinione che poggia su evidenze scientifiche solidissime e riconosciute a livello mondiale, ma che ribalta il concetto di degustazione organolettica oggettiva, sostenuto per anni da Sommelier e critici del vino. In pratica nessun assaggiatore è un giudice

Timorasso dei Colli Tortonesi mineralità del vino
obiettivo, esattamente come non lo è un critico d’arte o un critico musicale. Tutti filtrano il giudizio in base alle proprie esperienze precedenti e i più bravi sono quelli con maggiori competenze e maggiore apertura al nuovo.
LA MINERALITA’ NEL CERVELLO E NEL BICCHIERE
Degustando il cervello umano somma esperienze ancestrali, nei milioni di anni in cui l’uomo ha deciso cosa mangiare e cosa bere usando naso e bocca, a esperienze personali. La mineralità del vino è difficile da collocare in questo scenario ma ….. <<ascolto note sulfuree riferibili al non metallo zolfo, la pietra focaia quando viene sfregata, anch’essa non troppo lontana dallo zolfo, ascolto la salinità e gli idrocarburi>> racconta Leone Zot e tutti abbiamo fatto la stessa esperienza portando al viso molti bicchieri.