Grado alcolico del vino, meno è meglio
Vent’anni fa il problema era arrivare sopra i 12,5% di alcol, oggi il problema è stare sotto i 14% di grado alcolico e paradossalmente è più difficile
Di Donatella Cinelli Colombini Montalcino Brunello Casato Prime Donne
E’ finita la moda dei vini “stile internazionale”, della fine del Novecento, con tanto frutto, legno e alcool. Uve surmaturate e ricerca della massima estrazione durante la vinificazione che portava gli estratti abbondantemente sopra 30 e il grado alcolico persino sopra i 15. Era il così detto “stile internazionale” che aveva omologato i vini riempiendo le cantine di barriques.
Poi questa tendenza è finita. Lo stile di vita è più salutista e multietnico i cibi sono meno cotti e con più verdure, l’interesse si concentra sulla tipicità dei vini e sulla loro capacità di esprimere il territorio da cui provengono. Vini più freschi dunque e, a dispetto dell’innalzamento climatico, meno alcolici.
Esigenze che rispecchiano cambiamenti molto profondi nelle abitudini alimentari dei consumatori, prima fra tutte l’etnia: vent’anni fa Italia e Francia erano i maggiori Paesi consumatori poi sono stati superati dagli Stati Uniti e ora vengono incalzati da Germania e Cina ( rispettivamente 30, 27, 20, 20, 15 milioni di ettolitri all’anno). Tuttavia mentre le due maggiori nazioni produttrici calano velocemente i consumi pro capite quelle nuove hanno percentuali in crescita. Questo significa che anche la modalità di bere il vino sta cambiando e si associa a cibi sempre più fusion e a situazioni sempre più destrutturate e lontane dal pranzo placé, perché, come dice il proverbio, <<Paese che vai e usanze che trovi>>.