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Solforosa e qualità dei vini rossi invecchiati

Arriva l’enologia di precisione con dosaggi “su misura” della solforosa nei vini e la scoperta dei suoi effetti benefici nell’invecchiamento dei grandi rossi

F.CANIN,P. ARAPITSAS, S.GRANDO, 2 ricercatrici,F.MATTIVI

F.CANIN,P. ARAPITSAS, S.GRANDO, 2 ricercatrici,F.MATTIVI

Di Donatella Cinelli Colombini, Brunello, Casato Prime Donne

Per anni la parola anidride solforosa pareva una bestemmia. Fra le cose aggiunte al vino era quella maggiormente sul banco degli imputati per il suo carattere allergenico. Chi la usa deve Infatti scrivere sulla bottiglia “Contiene solfiti” quasi a dire “attenzione pericolo”. Esistono limiti all’uso della solforosa SO2 che diventano particolarmente bassi nei protocolli biologico e soprattutto biodinamico ma c’è anche chi, come il Professor Riccardo Cotarella, svolge sperimentazioni per produrre vini senza aggiungerne neanche un grammo.
In realtà la solforosa è il principale conservante del vino che aiuta a proteggere da microorganismi e ossigeno durante tutte le fasi della produzione, dall’uva al mosto, della maturazione in botte all’affinamento.

Washington-Ambaciata_italiana_Mattivi

Washington-Ambaciata_italiana_Mattivi

Fin ora i dosaggi erano basati su prove empiriche senza avere un’esatta nozione di quali fossero le reali reazioni chimiche di solfonazione che avvengono nei vini ma uno studio di Panagiotis Arapitsas, Graziano Guella & Fulvio Mattivi pubblicato nella rivista “Scientific Reports” con il titolo “The impact of SO2 on wine flavanols and indoles in relation to wine style and age” getta nuova luce sull’argomento e prefigura un’enologia di precisione. Introduce cioè un nuovo metodo quantitativo per misurare i derivati solfonati. Inoltre prefigura un futuro, non molto lontano, in cui sarà possibile calibrare al meglio l’aggiunta di anidride solforosa nei vini, tenendo conto della diversa capacità di ciascun vino di consumarla.