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I vini cattivi fanno guadagnare più dei buoni

Stefano Castriota su Wine Economics: nel vino non c’è una relazione fra qualità o reputazione e profitti bensì fra dimensione produttiva e profitti

Di Donatella Cinelli Colombini, Montalcino, Brunello, Casato Prime Donne

Stefano Castriota

Stefano Castriota -indagine sui vini cattivi che fanno guadagnare

Stefano Castriota, in un saggio pubblicato nel numero 227 di “Wine Economics” periodico dell’associazione statunitense degli economisti del vino, spiega perché i vini che fanno guadagnare non sono quelli di eccellenza. Lo studioso dell’Università di Bolzano ha indagato sulla redditività delle aziende del vino scoprendo che, a ben vedere, chi guadagna di più sono gli imbottigliatori per i quali l’eccellenza qualitativa è meno importante. Il nocciolo del problema è negli enormi investimenti richiesti dall’acquisto di vigneti, cantine, attrezzature enologiche, creazione del brand e della rete commerciale … spesso questa grande quantità di denaro produce un innalzamento qualitativo del vino ma manda in

Indagine sui vini cattivi che fanno guadagnare più dei buoni

Indagine sui vini cattivi che fanno guadagnare più dei buoni

rosso i bilanci. Viceversa i commercianti comprano vini mediocri, li imbottigliano con la loro etichetta e concentrano gli investimenti per venderli. Il capitale investito è minimo e quindi anche se la marginalità sui vini venduti è piccola alla fine, questo tipo di impresa, guadagna.
Va infatti considerato che la produzione di vini di alta qualità è molto costosa e, anche se il prezzo del vino è alto, non sempre basta a pagare i costi di una struttura produttiva onerosissima.
Il problema che si è posto Stefano Castriota è sapere se il controllo dell’intera catena produttiva e l’eccellenza qualitativa che ne deriva sono remunerative. Alla fine la risposta è no.