Prima del Brunello falso c’è lo Champagne made in Avellino
La storia dei Nas di Napoli e di 4.500 bottiglie false di Champagne Moët&Chandon, Veuve Clicquot Pondsardin e Bollinger per un valore di 2 milioni di Euro
Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
90 mila i controlli effettuati dai carabinieri tra il 2012 e il 2014 danno i loro frutti. A volte persino molto superiori a quanto si aspettasse. Succede così che durante la verifica in una rivendita napoletana i militari dell’arma si insospettiscono di fronte ad alcune bottiglie di Champagne e cominciano a indagare (il post parte da un articolo di Fiorenza Sarzanini sul “Corriere della Sera”).
Le bottiglie sono imitate con la cura di un falsario di banconote al punto da ingannare persino gli enotecari e i ristoranti che le hanno comprate in buona fede: etichette, scatole persino tappi, adesivo e bollini di garanzia …. Tutto sembrava originale finchè le bottiglie rimanevano chiuse ….. perché una volta stappate la differenza con il vero Champagne era evidentissima. Insomma un mediocre vinello dei Castelli Romani spumantizzato venduto al prezzo dei brand più conosciuti delle prestigiose bollicine
francesi. Il primo sequestro operato dai Carabinieri del NAS di Napoli riguarda 4.500 di bottiglie per un valore effettivo di 400.000 e un valore taroccato di oltre due milioni di Euro. La cosa non finisce qui: la banda, che ha prodotto gli Champagne contraffatti con bottiglie piemontesi e vino dei Castelli Romani elaborato da un enologo della zona, ha collegamenti in Spagna, Portogallo, Francia e Inghilterra. Insomma dietro il laboratorio di “produzione” del falso Champagne c’è anche una rete commerciale con tanto di agenti e importatori. In parole povere è stata riprodotta per intero tutta l’attività di una vera cantina, dalle etichette ai distributori esteri. E non ci sarebbe da meravigliarsi se ci fossero persino depliant e partecipazione alle fiere.