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Champagne e sostenibilità, consumano Co2 imballaggi e trasporti

Lo Champagne lavora per la sostenibilità da 20 anni facendo partire idee che hanno orientato le scelte in tutto il mondo del vino

 

Champagne corsiste OIV con Violante Cinelli Colombini

Champagne corsiste OIV con Violante Cinelli Colombini

di Donatella Cinelli Colombini

Lo Champagne è un’area molto grande (34 mila ettari, divisi fra 16.100 vigneron) con un fascino e un prestigio enorme, dal 2015 è iscritto nel patrimonio dell’umanità Unesco. Bel risultato, ma noi della Val d’Orcia abbiamo lo stesso riconoscimento da 11 anni.
245 milioni di bottiglie per un business di 4 miliardi di Euro, lo Champagne è stata colpito duramente dal covid perdendo, nel 2020, il 18% del suo fatturato ma è in veloce recupero e, anche grazie alla riduzione della produzione d’uva adottata lo scorso anno, ha i magazzini delle cantine quasi in equilibrio. Di seguito vi racconterò l’evoluzione delle bollicine più famose del mondo verso la sostenibilità partendo da un bellissimo articolo di Gianluca Atzeni per Trebicchieri.

 

VITICOLTURA SOSTENIBILE IN CHAMPAGNE

Il progetto “Viticulture Durable en Champagne” del Comité Champagne è affidato a Pierre Naviaux ed è qualcosa di enorme: nel 2003 la denominazione è stata la prima al mondo a misurare l’impronta carbonica. Anche gli obiettivi sono ambiziosi: arrivare al 100% di sostenibilità entro 30 anni e far scendere del 20% il Co2 necessario per produrre ogni bottiglia.
Il primo grosso risultato è la riduzione del 50% dell’uso di fitofarmaci e concimi chimici negli ultimi 15 anni. Un risultato sbalorditivo che si spiega con una sola frase “l’unione fa la forza”. Ne è una spiegazione la confusione sessuale contro la tignoletta. Io la pratico ma non i miei vicini con il risultato che funziona ma non benissimo. In Champagne hanno convinto i vigneron a farla tutti ed i risultati sono stati ottimi.