Come conquistare i buyers orientali
Il wine business in Asia ha i suoi codici: sfoggiare il lusso, evitare l’abbronzatura, non dire sono un vignaiolo, portare regali e un pennarello dorato
Di Donatella Cinelli Colombini
Ecco le “istruzioni per vendere il vino in Asia da parte di due esperti top Erika Tibaldi Asia Manager Frescobaldi e Shigeru Hayashi un manager giapponese che parla italiano
Shigeru Hayashi era l’uomo Suntory in Italia dove è anche diventato Sommelier. L’ho incontrato a Tokyo un mese fa e mi ha detto << nel mio Paese ci sono 10.000 ristoranti di cucina italiana con cuochi giapponesi che hanno studiato in Italia. Questo è un mercato maturo, molto più stabile della Cina >>. Un’immagine positiva
che, tuttavia ha anche le sue difficoltà << la posizione dei vini italiani è molto buona, anche se devono competere con i vini del Nuovo Mondo e con quelli francesi>> ha detto recentemente a “Wine Meridan”.
Erika Tibaldi ha fatto lezione alle Donne del Vino della Toscana durante un seminario organizzato dalla Delegata
Antonella D’Isanto alla Torre Frescobaldi – Museo del fiasco di Montelupo Fiorentino. Da lei arrivano le “Istruzioni per l’uso” più concrete e immediatamente utilizzabili.
DRESS CODE E BON TON CON GLI ASIATICI
Prima di tutto l’abito. Per le donne meglio evitare il nero, che indica lutto, e puntare su vestiti colorati. Gli accessori sono importantissimi per mostrare il proprio successo e favorire gli affari: gioielli, borse, occhiali, cinture griffate e, per gli uomini, gli orologi costosi. Il lusso ostentato si trasmette nel vino creando un’aurea positiva che aiuta a vendere, soprattutto in Corea.L’abbronzatura non è un segno di distinzione, anzi! Chi conta ha la pelle chiara, solo i contadini poveri sono coloriti. Per questo le creme sbiancanti e esfolianti sono così diffuse in Asia.
Il tono di voce deve essere basso, solo nelle nazioni più calde dell’Asia del sud alzano i toni senza apparire aggressivi.
La stretta di mano è prolungata e, quando si dimostra rispetto, accompagnata dall’inchino. Anzi più il busto è inclinato, più la persona rimane in questa posizione e più il suo interlocutore è importante. Smancerie, tipo abbracci o pacche sulle spalle, sono da evitare.
Lo scambio dei biglietti da visita è fatto con due mani e poi il biglietto viene messo sul tavolo. Riporlo subito è poco cortese. Anche i regali, che sono indispensabili, sia per chi arriva che per chi riceve, sono da prendere con due mani e non vanno aperti subito.
A TAVOLA CON GLI ASIATICI
Se invitate a pranzo gli asiatici ricordate che moltissimi sono allergici al latte, servirgli un piatto di formaggi potrebbe farli stare male. Meglio i volatili e soprattutto le anatre. Gli asiatici prediligono i cibi con cui hanno familiarità come i ravioli. Riso e minestre vanno serviti a fine pasto. E’ bene mettere in tavola peperoncino e acqua calda, aglio e sottaceti. Ovviamente ci vogliono sempre il cucchiaio e le bacchette, oltre a coltello e forchetta.
Quando si è invitati bisogna lasciare un avanzo nel piatto ma è indispensabile assaggiare tutto. Partecipare ai brindisi è importante e soprattutto in Cina bisogna scolare l’intero bicchiere in un sorso. Solo in Corea è ammesso uno chaperon che beve al proprio posto. Ancora i Corea ricordarsi di servire il vino ricambiando il gesto di chi ha riempito il nostro bicchiere.
COSA DIRE
Modestia, frasi del tipo “sono un vignaiolo” sono da evitare. Bisogna mostrarsi importanti. Quasi tutti gli asiatici hanno difficoltà a localizzare l’Italia. Molti conoscono Firenze e la Toscana ma pretendere che sappiano dov’è un piccolo paese oppure le differenze fra una zona e l’altra li mette in difficoltà. Per spiegare il vino è bene usare metafore con cose che conoscono come le auto oppure fiori esotici, come il gelsomino.
Meglio parlare di se, della propria storia piuttosto che del vino e comunque evitare le spiegazioni tecniche soprattutto se contengono parole che per loro non hanno senso come sottobosco perché li c’è la giungla e non la macchia mediterranea.
Nei wine dinner iniziare in modo rilassante e intimo raccontando aneddoti che le persone presenti possono raccontare a loro volta. Spesso sono proprio questi racconti che fanno vendere le bottiglie.
WINE BUSINESS
I mercati su cui puntare sono Giappone, Hong Kong, Singapore. In Cina 2.000 wine company hanno chiuso negli ultimi mesi e ci sono container pieni di vino nei porti che nessuno vuole sdoganare.
Le cantine che sono già nel mercato sono avvantaggiate e quindi è bene dirlo quando si inizia un nuovo rapporto. Prima di ogni incontro è bene esaminare il sito del futuro interlocutore e mandargli un e-mail molto breve in cui enfatizzare i motivi
per i quali, lavorare con voi, lo farà guadagnare.
Gli affari devono avere una conferma scritta, le cose dette a voce contano poco o nulla. I tempi sono estenuanti perché, specie in Giappone, la catena di comando è spesso lunga e ogni decisione viene presa al vertice
Il primo problema per il wine business è il nome del vino. Quelli lunghi e con molte erre rendono la bottiglia quasi invendibile perché i buyer e poi i consumatori sono in imbarazzo con parole che non riescono a pronunciare e quindi finiscono per comprare altri vini.
Durante le fiere meglio stare davanti al tavolo da degustazione invece che dietro, è più fiendly.
Piace molto che il produttore firmi le bottiglie ed è quindi meglio portarsi dietro un pennarello dorato.
C’è solo un punto su cui i nostri due esteri hanno opinioni diverse. Erika Tibaldi ha detto <<gli asiatici non amano i vini frizzanti se non quelli rossi e dolci>>. Invece Shigeru Hayashi ha registrato una novità in Giappone <<lo scorso anno è iniziato il boom del Prosecco, il vino italiano più apprezzato>>.