I terreni del Sangiovese: Chianti Classico e Montalcino
La natura del suolo imprime uno specifico carattere sensoriale al vino, per cui capire i terreni è determinate per capire il vitigno più variabile: il Sangiovese
di Donatella Cinelli Colombini
E’ ben noto che il Sangiovese ha il maggior numero di cloni (108) e la maggiore variabilità. E’ insomma un vitigno “mutante” che si esprime al meglio in due zone: il Chianti Classico e Montalcino.
I SUOLI DEL SANGIOVESE NEL CHIANTI CLASSICO E A MONTALCINO
Capire i suoli di queste due aree serve per individuare le specificità dei vini nelle loro versioni più eccezionali. Ci facciamo condurre dal Professor Edoardo Costantini e dalle sue lezioni alla Scuola di alta formazione “Sanguis Jovis” della Fondazione Banfi pubblicate nel Quaderno “Il Sangiovese del futuro” (2019).
COS’E’ IL SUOLO
Va premesso e ben sottolineato, il concetto generale di suolo: esso è la parte superficiale della crosta terrestre, quella che varia a seconda del clima e dell’intervento dell’uomo. I suoli italiani rappresentano il 51% della variabilità geologica mondiale. Nel nostro paese c’è dunque un’enorme concentrazione di epoche: da quella più antica (Gallura) a quelle secondaria, terziaria e quaternaria.
L’EFFETTO DEL SUOLO SUL VITIGNO E SUL VINO
L’effetto del terreno sul vino è maggiore nelle annate calde e asciutte quando i caratteri distintivi del terroir sono più evidenti.
La vite, come qualunque pianta, reagisce in base alla quantità d’aria, d’acqua del suolo su cui è piantata. A seconda della profondità a cui le radici riescono a scendere e a trovare questi elementi per tutto il ciclo vegetativo annuale. Ecco che i migliori vini si ottengono su suoli profondi ma poco fertili.
I TERRENI DEL SANGIOVESE NASCONO SOPRATTUTTO NEL PLIOCENE
I terreni del Sangiovese sono soprattutto del Pliocene cioè 3 milioni di anni fa quando ci fu la maggiore estensione del mare sulla Toscana. La terre che in quel periodo erano emerse sono quelle argillose sabbiose, mentre quelle sommerse sono i suoli calcarei organogeni. Alla fine del Pliocene avviene il sollevamento nel Sud della Toscana con sviluppo di processi di sedimentazione, erosione e la formazione di fiumi e paludi.
CHIANTI CLASSICO: MASSICCIO DEL CHIANTI, ALBERESE E GALESTRO
E’ in questa fase che si forma il così detto “macigno del Chianti” che sembra una specie di enorme pasta al forno con strati di materiali differenti compattati uno sull’altro a formare il Flysch (vini con colore, alcool e estratto secco molto alti). Fanno parte di questo processo geologico materiali molto usati nell’architettura specialmente rinascimentale: la pietra serena e la pietra forte.
Anche l’alberese, molto diffuso nel Chianti, si origina nell’Eocene ed è il frutto del compattamento di suoli di prevalente origine calcarea. Invece i terreni ricchi di scagliette(scistosi), cioè il galestro, derivano da sedimenti più fini di natura argillosa o calcarea.
Sia il Chianti Classico che Montalcino hanno suoli molto variabili anche a distanza di pochi metri, ma questa caratteristica è estremizzata nella prima di queste aree la cui mappa geologica sembra un fitto patchwork.
I 4 VERSANTI GEOLOGICI DI MONTALCINO
A Montalcino i quattro versanti dall’esposizione e altitudine molto differenti, vedono sovrapporsi, quasi perfettamente, la carta dei versanti e la carta geologica e danno Brunelli di profilo sensoriale diverso nelle 4 zone.
A Nord Est il versante Plio Quaternario con prevalenza di argille. A Ovest ancora di epoca plio quaternaria con depositi calcarei. Nella parte più a sud, del Pliocene, ci sono depositi marini e argille. A Sud Est, nella parte centrale più in alta ci sono le calcareniti Cretacico mentre all’esterno il Macigno con le sue arenarie.
Il nostro Casato Prime Donne si trova a Nord nella zona del Plio – quaternaria con suoli argillosi a bassissima fertilità che danno vini caratterizzati da alta intensità sensoriale e note floreali e fruttate.