La vendetta vignaiola è il taglio delle viti
Sembrano storie antiche ma sono invece di pochi giorni fa: 7000 viti di Lugana tagliate una per una di notte con le cesoie. Non è l’unico caso
La vendetta vignaiola ha ancora un rituale antico: il taglio delle viti durante la notte. E’ la vendetta di chi vuol rimanere nascosto ma desidera che tutti sappiano quanto è odiato il suo nemico. Raffaello Ceschi autore del saggio “Nel labirinto delle valli, uomini e terre di una regione alpina, la Svizzera italiana”, descrive la vendetta ai danni dei signorotti locali mediante il taglio delle viti, come una pratica diffusa ancora alla metà dell’Ottocento.
Una vendetta faticosa perché tagliare settemila viti a mano con le cesoie, per non farsi sentire, è un lavoro enorme che richiede una forza e un allenamento da campione olimpionico; specialmente se il “vendicatore” ha agito senza complici in
modo da ridurre il rischio di venire scoperto. Eppure l’episodio di cui, il 15 maggio, è stato vittima Luciano Ricchelli di Pozzolengo non è un caso isolato (ringrazio Lori Iannuzzo per avermelo segnalato)
Lo scorso novembre a Ormelle nei terreni della famiglia Gaiotto furono tagliate 200 viti di Glera usate per la produzione di Prosecco e 100 viti di Pinot Grigio in due diversi vigneti degli stessi coltivatori diretti. Nel 2010 i Gaiotto avevano subito un altro atto vandalico, con il taglio dei fili di un intero vigneto. <<Le mie viti tagliate per invidia>> ha detto il vignaiolo facendo riferimento ad alcune diatribe riguardanti i rifiuti abbandonati lungo il Piave. Piccole questioni che scatenano una rabbia sorda e violenta, una rabbia che lascia sbalordite le vittime << Non pensavo di avere nemici così acerrimi. Non ho mai fatto del male a nessuno>> ha detto Antonio Casagrande, pensionato di Colmaggiore di
Sotto a cui hanno tagliato 107 viti cioè la maggior parte del vigneto da cui traeva il vino della famiglia.
La frequenza di tali episodi, l’ultimo che ho descritto è della fine di aprile, fa intravedere la sopravvivenza di comportamenti antichi di tipo quasi rituale. La rabbia covata in silenzio da chi non può reagire perché non ha diritto o non ha le competenze per azioni legali, si esprime con violenza fredda, messa in atto con grande sforzo e premeditazione. Infatti questi episodi sono studiati con cura scegliendo persino le notti con cielo sereno e luna piena. Non avvengono come la reazione a caldo di chi perde la testa.
Alla luce di questi fatti viene da chiedersi se le tranquille zone di campagna siano serene come sembrano oppure celino sentimenti violenti e capaci di durare nel tempo per mesi e forse per anni. Vendette spesso legate a piccole cose come la multa del vigile urbano di Montalcino che, molti anni fa, portò al taglio dei suoi alberi di ciliegi. Un taglio così ben fatto che le piante erano in piedi apparentemente sane.
La pratica del taglio delle viti per vendetta si perde nella notte dei tempi anche con episodi storici o leggendari. L’Ariosto cita Licurgo, Re dei Traci che tagliò le viti <<in disprezzo a Bacco, onde il Nume per vendetta fece ch’egli di per se stesso si troncasse le gambe>>. C’è solo da augurarsi che il dio Bacco si vendichi allo stesso modo sui tagliatori anonimi dei nostri giorni.