
Romanelli e la sua masterclass sul vino in Toscana
Prima delle 3 masterclass della Vendemmia Experience proposte da Donatella Cinelli Colombini ai wine lovers desiderosi di veder nascere i grandi vini toscani

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Sono iniziate con Leonardo Romanelli e una super super super lezione. Il progetto continuerà alla Fattoria del Colle nei week end 25-27 settembre con Franco Pallini e in quello 9-11 ottobre con Leonardo Taddei.
Unire esperienze pratiche della vendemmia, visite in vigna ed in cantina a degustazioni guidate con una straordinaria lezione tenuta da un grandissimo esperto, si sta rivelando una formula vincente e capace di appassionare e arricchire di conoscenze i turisti appassionati e persino i membri dello staff di Donatella Cinelli Colombini che si sono aggiunti agli ascoltatori.
Qualche chicca dalla lezione di Leonardo Romanelli durata quasi due ore davanti ad un pubblico letteralmente ipnotizzato ed entusiasta. Riporto le opinioni e quello che suscita la riflessione omettendo la didattica pura che, i più volenterosi, possono trovare nei siti internet.
ROMANELLI E IL RUOLO DEL CRITICO ENOLOGICO

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Leonardo Romanelli comincia parlando del suo lavoro <<già la parola critico è brutta, fa pensare ad un giudice, a uno che punisce>>. Meglio ispirarsi al modello dei critici d’arte come Achille Bonito Oliva con la transavanguardia e l’anticipazione delle nuove tendenze.
L’importanza dell’emozione nell’assaggio è sottostimata e questo è un male. Gli assaggiatori stanno interpretando il loro lavoro in un senso quasi maniacale che li allontana dalla gente. Caricano dettagli tecnici, sensazioni organolettiche sempre più sofisticate che il pubblico, spesso, neanche capisce. <<Ieri durante la degustazione di un vino del 1930 c’era chi si concentrava sull’analisi sensoriale, al palato, parlando di sensazioni acide …. Invece la cosa importante era vivere e trasmettere l’emozione di bere il frutto di una vendemmia avvenuta quasi un secolo fa. Senza dare valore all’emozione di questa esperienza, la gente a cui la raccontiamo, non capisce il suo vero significato>>.
IL SANGIOVESE E LA SUA STORIA RECENTE TORMENTATA
Non importa dove nacque il sangiovese così come non importa dove nacque Leonardo da Vinci perché senza Firenze e Milano il suo talento non avrebbe avuto modo di esprimersi. Con il Sangiovese è successa la stessa cosa in Toscana.
Si tratta di un vitigno flessibile che, nel tempo, si è adattato alla civiltà umana e allo stile di vita dell’uomo, non solo al clima della vigna.

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Un adattamento che non è avvenuto spontaneamente ma è legato ad un cambiamento del pensiero enologico con l’aggiunta della creatività dei produttori.
E’ diventato un vitigno protagonista e capace di competere su scala internazionale attraverso un lungo percorso con alti e bassi. Bisogna ricordare infatti, che un secolo fa il vino era apprezzato soprattutto per la sua componente alcolica. Mentre tannini e acidi erano elementi quasi sgradevoli che l’alcool permetteva di mitigare.
Con la “ricetta del Chianti” di Bettino Ricasoli del 1872 assistiamo ad una svolta in senso qualitativo: Sangioveto, Canaiolo e Malvasia. Il Chianti nei fiaschi diventa il rosso italiano nel mondo e porta al desiderio di produrre di più. Ma il lavoro in vigna è ancora fatto a mano con rese basse e senza chimica. Tutto sommato i vini hanno ancora una certa dignità sono beverini e serbevoli.
Quando, nel secondo dopoguerra del Novecento, arriva il boom economico l’appetito cresce e avviene il tracollo. Ci sono i piani Feoga che spingo a piantare nuovi vigneti e a produrre di più puntando sulla chimica e su varietà più vigorose come il Trebbiano.
Il peggioramento qualitativo è enorme.
La reazione delle cantine è quella di cercare una via d’uscita veloce, quasi una scorciatoia: aggiungendo vitigni internazionali come Cabernet e Merlot al Sangiovese ormai ridotto all’ombra di sé stesso. L’idea è quella di ridare colore e profumo al vino maturandolo in barrique per dargli un carattere più internazionale.
I vini toscani perdono il loro profilo distintivo e diventano delle caricature. Prendono un colore, una concentrazione e un aroma che naturalmente non hanno, ma che li allontanano dalla capacità di raccontare la loro storia ed il loro territorio.
C’è anche chi reagisce. Le Pergole Torte sono un esempio di integralismo. Bocciato come Chianti Classico diventa un’icona mondiale del Sangiovese in purezza.
Anche il termine Super Tuscan fu coniato dagli assaggiatori inglesi per indicare proprio il Sangiovese in purezza come emblema della Toscana del vino.
Un’altra reazione positiva è il progetto Chianti Classico 2000 che portò all’individuazione dei cloni e dei porta innesti più qualitativi del Sangiovese. Ma non tutto andò per il verso giusto. Alla fine del Novecento cambiò il modo di coltivare il Sangiovese riducendo le rese – forse troppo – costringendo il vitigno a comportarsi in modo quasi “innaturale” rispetto a quello che è scritto nel suo DNA.
Solo nel nuovo Millennio la parola d’ordine in vigna diventa EQUILIBRIO e inizia la vera affermazione del Sangiovese con i suoi caratteri più tipici.
CARATTERI DEL SANGIOVESE IN TOSCANA
Il Sangiovese è quello che ha reso simpatico il tannino. Tuttavia è un vitigno snob (non come il merlot) perché all’inizio richiede uno sforzo di comprensione.
E’ un vitigno gastronomico cioè da godere a tavola. Non richiede di aspettare decenni per diventare gradevole e contemporaneamente è capace di un lungo invecchiamento. E’ un vino plastico, cioè capace di abbinarsi a tantissime cucine e non solo a quella toscana.
CONSIGLI DI ROMANELLI PER SERVIRE I VINI TOSCANI
Osare, stupire, guardare alla tradizione con rispetto ma anche con creatività e quindi provate il Vin Santo con i crostini neri di fegato e il Brunello invecchiato con il panforte.
Cercare delle soluzioni non scontate accresce il piacere a tavola e permette di proporre una valida alternativa alle nuove bevande come il Kefir che sta andando molto di moda. Altra abitudine da sviluppare è il pairing cioè l’abbinamento di ogni piatto del pasto con un vino diverso.
Ad ogni modo va sempre ricordato che la cucina diventa ogni giorno di più circolare cioè attenta agli scarti e agli sprechi quindi capace di riutilizzare le parti povere degli alimenti come avveniva all’epoca dei nonni.
Il pasto si trasforma sempre di più in esperienza che diventa tanto più vera e forte quanto più fa capire il territorio e le tradizioni di cui è interprete.