
Brexit e vino italiano
UK è il 3°importatore di vino italiano e nel 2015 ha comprato per 795 milioni ma con un prezzo medio di 2,24€ al Litro. I vini premium rischiano meno
Di Donatella Cinelli Colombini, Montalcino, Brunello Prime Donne

Brexit e vino Edonism Wines Londra Brunello
LEAVE UNA DECISIONE POCO RAGIONATA
Il primo effetto del Brexit è stato il deprezzamento della Sterlina e questo non è certo un incentivo all’acquisto per gli importatori inglesi. C’è da stare certi che la finanza britannica e quelle collegate reagiranno con un contrattacco sull’Euro ed è proprio questa situazione di scontro che preoccupa di più con una logica di difesa dei propri interessi che va oltre il bene comune.
E’ assurdo pensare che la famiglia umana, in un pianeta sovraffollato come la terra, possa basarsi solo su un concetto economico di profitto “morte tua vita mea”. Una logica che porta all’autodistruzione ed al quale bisogna opporre uno

Londra e bottiglie milionarie
spirito più giovane e basato su valori diversi da quelli dei profitti semestrali delle multinazionali.
Una cosa è certa, nessuno ha approfondito a fondo i vantaggi e svantaggi del LEAVE prima del referendum. Apparentemente i sudditi di Sua Maestà hanno votato “di pancia” trascinati dalla nostalgia dell’impero, dall’ostilità per i tedeschi e dalla speranza di vantaggi immediati che nessuno ha valutato con sicurezza. Anzi, le dimissioni del Primo Ministro Camerun fanno supporre uno scenario affatto favorevole per loro sia nell’immediato che nel lungo termine.

Penfolds Australia visita del Principe di Galles
BREXIT E VINO CHI CI GUADAGNA
Per il vino italiano i contraccolpi del Brexit ci saranno. Sua Maestà la Regina Elisabetta è il Capo di Stato in Australia, in Nuova Zelanda e in Canada tre Paesi produttori di vino con vigneti in piena espansione e qualità in crescita, basta pensare che i bianchi neozelandesi sono quelli con il prezzo medio più alto nel mondo, così come ai successi di Grange dell’australiano Penfolds e alle più recenti affermazioni dei pinot noir dell’Ontario medagliati proprio dal britannico Decanter.
Se poi andiamo a vedere chi produce vino fra i 53 Stati del Commonwealth troviamo il Sud Africa che nell’ultima vendemmia ha messo in cantina oltre 10 milioni di ettolitri ed è il 9° produttore mondiale.

Vini canadesi segnalati da Decanter
Sono soprattutto nelle cantine di Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa che hanno fatto salti di gioia alla notizia della vittoria del LEAVE. Presto le loro bottiglie avranno dazi molto più favorevoli di quelle provenienti da Francia, Italia o Spagna. Nel 2015 gli australiani hanno esportato in UK 316 milioni di Euro, i neozelandesi 278 e i sudafricani 133, ma c’è da aspettarsi che le agevolazioni fiscali, fin ora bloccate dalle autorità di Bruxelles, metteranno le ali al loro business.
Ma il problema non finisce qui. L’Inghilterra, senza più le restrizioni europee sui vigneti, farà presto parte del gruppo dei Paesi maggiori produttori di vino. Il cambiamento del clima e la presenza di suoli gessosi sulla costa meridionale ha creato nuove prospettive alle bollicine made in UK. Proprio lo scorso aprile gli sparking britannici hanno messo a segno una storica vittoria contro gli Champagne durante una degustazione bendata che ha lasciato tutti basiti.
Quindi il problema delle esportazioni di vino europeo in UK dopo la vittoria del LEAVE esiste ed è serio. I buyer britannici non compravano solo per il mercato interno ma anche per la riesportazione. Un business fiorente soprattutto verso la Cina e soprattutto per i vini francesi di alta gamma. Un business su cui forse

Vigneti inglesi per sparkling wines
potrebbe arrivare qualche punto interrogativo.
Anche nella malaugurata ma probabile ipotesi di dazi sfavorevoli ai vini europei c’è un elemento positivo: la Gran Bretagna diventerà un Paese extracomunitario come la Svizzera e quindi sarà possibile ottenere fondi OCM per effettuarvi delle azioni promozionali. E’ un paracadute piccolo piccolo ma sempre meglio di niente.
EXPORT DI VINO IN UK
Il Regno Unito ha importato vino estero per un valore di 4,084 miliardi nel 2015 con un balzo in avanti nel 8%. Un terzo di questo business è francese, l’Italia ha esportato 795 milioni di Euro segnando un ottimo +12% grazie a un’autentica ondata di Prosecco. Le bollicine nostrane hanno venduto in UK 247 milioni di Euro lo scorso anno. Per le nostre cantine la Gran Bretagna è il terzo mercato estero dopo USA e Germania e assorbe il 19% del vino esportato dall’Italia.

Il Brunello nella City presentato al mondo della finanza
A opinione degli esperti interpellati da WineNews e Cronache di Gusto il primo contraccolpo del brexit andrà sui vini italiani di fascia bassa, quelli che affollano i supermercati e arrivano oltremanica sfusi o con l’etichetta del rivenditore. L’UK è una nazione dove il costo della vita è alto ma lo shopping nel vino si concentra su bottiglie a buon mercato. Infatti il prezzo medio pagato dai buyer britannici per i nostri vini fermi è di 2,24€ al litro cifra che sale a 3,3 solo per gli spumanti.
All’epoca della crisi del 2008 gli importatori buttarono le criticità sulle cantine chiedendo loro di abbassare i prezzi e possiamo scommettere che adesso faranno lo stesso per compensare il cambio sfavorevole e non aumentare i loro listini di vendita. Per questo è bene fare uno sforzo per trovare nuovi sbocchi commerciali e non perdere tempo.