Donatella Cinelli Colombini si racconta
Come sono? Sono fantasiosa, lavoratrice e fortunata. Poi sono bassa, grassottella, freddolosissima, attratta da persone, posti e attività che non conosco
Di Donatella Cinelli Colombini
Prima di tutto vi dico un particolare che pochi sanno. Sono dislessica, cresciuta in un’epoca in cui nessuno sapeva cosa fosse la dislessia e i bambini che tardavano a imparare a leggere erano considerati scemi. Solo dopo, quando anche mia figlia Violante ha manifestato la stessa disabilità, ho capito i pro e i contro di avere una percezione dello spazio diversa, ma anche una tenacia e una capacità organizzativa bestiali. Noi abbiamo una fantasia concreta, per questo molti dei più grandi architetti sono dislessici.
Ho studiato storia dell’arte medioevale. Direte << ma a che ti serve, visto che fai la vignaiola>> Incredibilmente serve tanto. Alla fine degli anni Settanta non c’erano i pc neanche nelle grandi biblioteche e fare ricerca significava spremere ogni grammo di cervello, dopo non ho più fatto lavori così difficili e emozionanti. La storia dell’arte è il mio grande amore (dopo mio marito Carlo) e quando ho smesso di studiare ho evitato i musei per anni perché non sopportavo il calo della mia capacità di individuare epoche, provenienze e autori….come un musicista che diventa sordo. Ora invece mi piace passare un pomeriggio al museo. Ho trascinato al Guggenheim di NY, all’Art Institute di Chicago anche i produttori di Brunello e lo staff del Consorzio.
Sono credente. Considero questo un dono davvero grande, vista l’immensità del creato e la mia piccolezza; è qualcosa che orienta le mie
scelte nelle cose e nelle persone. Mi piacerebbe occuparmi di turismo religioso. Dopo 10 anni come assessore al turismo di Siena, e l’assoluta impossibilità di organizzare un percorso dedicato a Santa Caterina, sono sicura che i luoghi autentici della fede sono una risorsa inespressa enorme. Con poco potrebbero dare risposte a tante persone in cerca dei significati della vita. Con poco, perché chi arriva in un convento non immagina la sua storia e i suoi Santi, senza qualcuno che le spieghi. Lo Spirito Santo non arriva a tanto, diamogli una mano!
Non so giocare a carte e il gioco d’azzardo mi spaventa, ma le nuove avventure mi attraggono in modo irresistibile. E ogni volta mi ci butto a capofitto, soprattutto quando sembrano imprese impossibili. E’ stato così anche con il turismo del vino. Ho creato la giornata Cantine aperte per caso nel 1993, perché non c’erano soldi, le cantine erano – salvo una ventina – tutte chiuse al pubblico e bisognava portarci i primi turisti per iniziare la catena del passaparola che fa crescere i flussi. Soprattutto bisognava dare ai produttori i primi rudimenti dell’accoglienza e mostrare il potenziale di reddito della vendita diretta. In pochissimi anni il Movimento del turismo del vino, che ho creato e presieduto per nove anni, ha trasformato l’offerta turistica italiana dando al vino un ruolo da protagonista. Oggi ci sono 21.000 cantine con punto vendita e chiunque progetta una nuova azienda si pone il problema di come aprirla al pubblico.
Anche quando, nel 1998, ho lasciato l’azienda di famiglia (una delle più antiche e prestigiose del
Brunello) per creare la mia, che porta in mio nome, sembrava una mission impossible. Anche in questo caso senza soldi, anzi con debiti molto superiori al fatturato e due aziende con fabbricati da ristrutturare, vigneti da ripiantare, cantine da costruire e soprattutto rete vendita inesistente. Ora vendiamo in 31 Paesi esteri. La cosa più complicata è stata capire la vocazionalità dei vigneti. Ho imparato che bisogna <<ascoltare le viti>> piante intelligenti che chiedono solo di essere assecondate senza avvelenare il
terreno con i pesticidi. Ho sbagliato alcuni nuovi vigneti e in altri casi ho avuto autentici colpi di fortuna, come nella vigna Ardita di Montalcino, che mi da ogni anno un’uva capolavoro. Le mia cantine – del Casato Prime Donne a Montalcino e della Fattoria del Colle a Trequanda – sono le prime in Italia con un organico interamente femminile, enologa compresa. Il progetto si chiama Prime Donne e anche questo è nato per caso; vi racconto com’è andata. Nel 1998, oltre a due proprietà da
ristrutturare, i miei genitori mi dettero una piccola quantità di futuro Brunello ancora in botte ed io avevo bisogno di un cantiniere per accudirlo. Telefonai all’istituto agrario di Siena ma mi dissero di no. Quando chiesi un’enotecnica donna la risposta fu diversa <<ce n’è quante ne vuole, sono ottime studentesse, ma non le assume nessuno>>. Una discriminazione così radicata e diffusa che risultava invisibile anche a me. Nasce da questo episodio l’idea di una cantina tutta al femminile, come una sfida. Allo stesso modo è nato come una sfida il Brunello Prime Donne selezionato da un pannel di 4 super assaggiatrici in un’epoca in cui tutti i degustatori delle guide dei vini erano maschi. Oggi, in Usa, il 70% del vini è acquistato da donne, ma allora produrre un Brunello per le donne era come creare scarpe da uomo con tacchi a spillo.
Sono orgogliosa di aver dato il mio contributo alla crescita del ruolo delle donne nel mondo del vino. Così come ritengo sia importante il premio “Casato Prime Donne” che organiziamo ogni anno, per stimolare la divulgazione del territorio di Montalcino ma soprattutto per valorizzare le donne che aprono nuovi orizzonti all’universo femminile. Fra le nostre premiate ci sono Samantha Cristoforetti che in questo momento è nello spazio, Maria Carmela Lanzetta Ex Ministro degli Affari Regionali, altre due sono in Parlamento, infine l’astrofisica Sandra Savaglio che ha invertito la rotta dei cervelli in fuga all’estero. Che soddisfazione vedere le loro dediche nei miei vigneti di Brunello insieme alle opere di artisti toscani a cui abbiamo dato visibilità. Forse è questo che rende i miei vini più buoni anno dopo anno.
Le sfide mi piacciono proprio e, forte della fortuna che ha sempre accompagnato la mia vita, continuo a metterle in cantiere. Il recupero dall’abbandono del vitigno autoctono Foglia tonda è una di queste ma anche l’impegno nella giovane ed agguerrita denominazione Orcia. Così come la trasformazione turistica della Fattoria del Colle: ho riempito gli appartamenti di mobili antichi ed il menù del nostro ristorante di ricette trascritte dalle nonne (le abbordavo dopo cena quando stavano fuori di casa a prendere il fresco), ma contemporaneamente ho creato una zona wellness che nessun altro agriturismo offre, con minipiscina jacuzzi, doccia emozionale, sauna, hammam, massaggi e vinoterapia di coppia. Insomma vino dentro e vino fuori!
Una vita piena dunque, un lavoro che mi entusiasma e la gioia di sapere che mia figlia Violante Gardini continuerà la mia opera.