Vino sartoriale cioè fatto su misura del cliente

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Vino sartoriale cioè fatto su misura del cliente

Si chiama Vinfusion ed è rosso prodotto per ogni singolo cliente. Un vino sartoriale fatto sul momento mescolando 4 tipologie di vini fra cui un moscato dolce

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Di Donatella Cinelli Colombini, Montalcino  Casato Prime Donne

E’ la solita diatriba, direte voi, fra chi vuole fare un vino adatto al mercato e chi invece, cerca di portare all’eccellenza le potenzialità della vigna. Ebbene, qui si va oltre e ancora una volta la proposta arriva dalla Gran Bretagna, cioè da una nazione tradizionalmente orientata al mercato perché, fino a pochi anni fa, non aveva vigneti e quindi stentava a riconoscersi nelle logiche di cui rispetta i caratteri naturali dei frutti della terra.

vinfusion

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Sta di fatto che a Cambridge, nel cuore dell’università più forte del mondo in materia di matematica e informatica, nasce un device battezzato Vinfusion. I cervelli di questa invenzione sono nell’International business and science group Cambridge Consultants con uffici in the UK, Boston e Singapore.
<<Vinfusion delivers a wine personalized to individual taste from four pre-determined wines>> Vinfusion fornisce vini personalizzati sul gusto di ogni singolo cliente usando 4 tipologie predeterminate, spiega il manager del team Sajith Wimalaratne, un nome fa pensare all’India, altro Paese che non produce vino e anzi manca di un consumo diffuso.
In pratica Cambridge Consultants ha analizzato i caratteri organolettici di vini di tipologia differente selezionando quelli base: Pinot Noir, Shiraz, Merlot e Moscato dolce. Mescolandoli vengono ottenuti centinaia di diverse tipologie. Questo taglio, fatto estemporaneamente, dovrebbe soddisfare il gusto di ogni cliente diventando un vino sartoriale. Per mettere a fuoco la sua scelta c’è un complesso logaritmo che

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valuta il modo con cui il consumatore sceglie il vino, il suo gusto e i meccanismi descrittori dei suoi sapori preferiti. Alla fine, tuttavia, i parametri sono abbastanza semplici: dal vino corposo e quello leggero con residuo dolce.
La macchina da somministrazione ricorda i filtri per il caffè inglese. In pratica c’è un’asta che regge un’ampolla conica dove si forma il bland con sotto un beccuccio che versa il liquido nel bicchiere. A quanto sembra, i contenitori saturati con azoto, da cui arrivano i 4 vini usati per il tagli, sono sotto il piano di mescita mentre il software che li dosa è un display rettangolare simile a un telefonino e serve al cliente per ordinare.
Il marchio Vinfusion è già registrato mentre manca ancora il prezzo di vendita dell’apparecchio che, nelle speranze di Sajith Wimalaratne dovrebbe diffondersi in bar e ristoranti.
Il progetto contiene molti degli elementi di tendenza sul vino: la preferenza per la dolcezza, la voglia di cose esclusive, personalizzate e insieme convenienti …. Ma rivela anche una eccessiva dose di approssimazione.
Che dire? In modo artigianale e solo apparentemente tecnologico, si tratta della stessa operazione che le grandi cantine industriali fanno usando uomini del marketing che conoscono a fondo le esigenze dei consumatori e grandi assaggiatori che danno forma a queste esigenze. Molti enologi e in UK alcuni Master of Wine fanno esattamente questo tipo di consulenze scegliendo fra migliaia di campioni quelli più adatti a specifici mercati e target di consumatori.
Da noi alla Fattoria del Colle organizziamo, in forma giocosa l’esperienza “Enologo per un giorno” destinata ai turisti e vediamo con quanto entusiasmo ma anche con quanta difficoltà i clienti tagliano tipologie diverse per arrivare a qualcosa che li soddisfa. Fare un taglio fra uvaggi diversi è molto, molto, molto difficile e dopo il blend il vino ha bisogno di riposare a lungo per “ricomporsi”.

Il vino non è un cocktail.