Un ven de Chateau targato USA? E dopo arriva il Brunallo?
Dopo il Brunello della California o il Chianti bianco australiano ci sono i vini di Chateau made in USA. Visto per voi da Donatella Cinelli Colombini
Un articolo del “The Oregonian” dell’8 ottobre rilanciato da FernandoWine ci rivela che sta per iniziare una nuova guerra del vino; questa volta sul filo del marketing. Infatti le parole in ballo non sono Champagne o Porto, come è avvenuto in passato con il risultato di limitarne l’uso alla zona di origine del vino. Questa volta la cosa è più subdola: il vino è autenticamente statunitense ma si chiama chateau e ha un’etichetta che assomiglia a quella dei vini francesi.
In effetti l’uso di parole come “chateau” oppure “clos” avviene da anni su vini premium statunitensi perché in quel Paese è perfettamente legale persino quando il vino non nasce “al castello” come invece è obbligatorio in Francia.
Ma dal 2009 questi Chateau – Clos made in USA, non possono più essere esportati e su questo si è scatenta ala guerra.
Va considerato che il 34% del vino USA esportato (pari a 478 milioni di Dollari) arriva nell’Unione Europea dove c’è il 57% del consumo mondiale. Un mercato troppo grande per non far gola ai wine producers USA.
Il Presidente dei Grand Vins de Bordeaux Laurent Gapenne giustifica il suo no con la tradizione e la storia. Sul fronte opposto Cary Greene, responsabile del WineAmerica, sostiene che, in un modo globalizzato, quei termini hanno perso il significato originario e indicano la qualità del vino non la sua origine.
Sarà forse vero che Chateau o Clos sono solo sinonimi di bottiglie di alta qualità ma forse c’è un secondo motivo: molti dei vini francesi top importati negli Stati Uniti hanno quelle due parole sull’etichetta e non possiamo escludere l’intenzione truffaldina di mescolarsi in mezzo a loro. Un po’ come le mozzarelle made in Usa con la bandiera tricolore e le migliaia di prodotti agroalimentari con packaging italianeggiante prodotti chi sa dove con norme meno restrittive delle nostre e venduti in concorrenza con il vero prosciutto di Parma, pecorino romano, parmigiano …
L’attuale guerra dello chateau fa dubitare che sia possibile in futuro difendere la propria immagine distintiva e che potremo imbatterci in un “Brunallo” commercializzato con l’immagine della fortezza di Montalcino nell’etichetta. Nell’ipotesi che tutto ciò sia legale sotto il profilo formale, rimane l’evidente uso improprio dei nomi che, a mio avviso, c’è anche nel caso di vini di chateau fatti in USA.
Alla fine il Consorzio del Brunello ha registrato la parola “Brunello” in tutto il mondo ma come ci difenderemo dal “Brunallo”?