Anfore si anfore no, questo è il dilemma
Anfora: come e perché il più antico contenitore da vino è tornato di moda. Dall’Arcipelago Muratori la prima analisi sui vasi da vino di terracotta
Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini
L’incontro è avvenuto nella Tenuta Rubbia al Colle di Suvereto, nella costa Toscana ed ha avuto nel Professor Attilio Scienzadell’Università di Milano il vero mattatore, con un entusiasmo travolgente.
E’ lui lo “Sherlock Holmes dell’uva” che da anni indaga sulle origini preistoriche della vite e ora segue le tracce dei suoi più antichi contenitori. Tornare alle anfore di terracotta è dunque per lui un atto culturale prima che enologico, il recupero di saperi e sapori originari << un modo per combattere la banalizzazione del vino come bevanda con un gusto stereotipato e standardizzato, occorre forse tornare a sentori più antichi>> dice il grande Attilio. In effetti, in Georgia dove si ritiene sia la culla della vitis vinifera, madre di tutte le viti, il vino viene conservato nelle anfore (kvevri in Kakheti e in Kartli ochuri in Imereti e in Racha), da 4.000 anni.
Dunque il bisogno di diversità che sembra animare in modo crescente chi lavora con l’uva, non è la ragione principale dell’uso dei contenitori in argilla ma c’è qualcosa in più, quasi la nostalgia di una semplicità antica di un ritorno a cose maturali, senza tecnologia e a un contatto manuale con l’uva che diventa vino. La spinta viene quindi da fattori più sociologici che enologici.