Wine maker australiane solo il 9% ma super
Nelle cantine australiane le donne enologhe sono solo l’8,8% ma brillano come star e tutti credono stia avvenendo una vera rivoluzione rosa nel vino, invece no
Di Donatella Cinelli Colombini
Nel 2003 la Norvegia impose alle grandi società il 40% di donne nei loro consigli di amministrazione, seguì a ruota la Francia replicando il provvedimento. Poi Spagna (40%) e la Svezia (25%). Fuori dall’Europa le leggi sulle quote rosa sono rare anche se, in certi casi, ce ne sarebbe davvero bisogno. In Giappone solo lo 0, 4% degli amministratori delle grandi società sono donne. Persino in USA questa percentuale è solo del 16% ma esaminando Fortune 500 la percentuale dei CEO donne scende fino a un misero 4,4% (2013).
Le donne in posizioni apicali crescono ma molto lentamente soprattutto nei Paesi che non hanno nessuna legge sulle quote rosa. Vediamo ora la situazione nel vino; si tratta di uno dei prodotti più antichi, con 8.000 anni alle spalle, quindi di un settore strutturato in un passato remoto e fortemente tradizionalista.
Due lunghi articoli di Jeremy Galbreath della Curtin Graduate School of Business all’interno della Curtin University fotografano le donne nelle cantine australiane. Le analisi sono state pubblicate da Wine Economics nel febbraio e nel maggio 2014. In Australia, Paese nuovo produttore del vino, ci si aspetterebbe un approccio diverso e invece la situazione è più o meno uguale a quella europea: chi lavora nel vino lo considera un ambito da uomini.