Non fidatevi del gusto fra i sensi è il più manovrabile
La vista è il senso più forte, poi l’udito. Sono in grado di alterare il gusto e cambiare le scelte: effetto Lafitte, ascoltando Mozart scegli vini più cari

Neuromarketing: Vincenzo Russo e Donatella Cinelli Colombini
Di Donatella Cinelli Colombini
Vincenzo Russo, professore di Neuromarketing alla IULM di Milano, pubblica sul settimanale economico del Gambero Rosso “Trebicchieri” delle pillole di scienza estremamente utili a chi vende il vino ma anche a chi lo compra perché rivelano come non tutto è come appare.
NEUROMARKETING: LA VISTA CONTA PIU’ DEL GUSTO
Nel nostro cervello le cellule deputate alla vista sono circa il 50% mentre quelle deputate al gusto solo l’1%. A conti fatti il gusto è un senso meno “forte” degli altri e subisce l’influenza di vista, udito e tatto.
Ecco perché la stessa bevanda colorata di rosso viene percepita più dolce fino al 10%.
NEUROMARKETING: SUONI, SENSAZIONI TATTILI PIACEVOLI FANNO SEMBRARE IL VINO PIU’ BUONO
Non solo la vista altera la percezione gustativa, anche l’udito e persino il tatto.

Vincenzo Russo e Donatella Cinelli Colombini a Wine2wine
Charles Spence, il professore di gastrofisica all’Università di Oxford, ha fatto assaggiare lo stesso vino ascoltando suoni dolci ad alta frequenza e toccando una tovaglietta di peluche bianco poi ha ripetuto l’assaggio ascoltando suoni acuti a bassa frequenza e toccando la carta vetrata.
Il primo vino è stato giudicato molto, ma molto più buono.
Allo stesso modo sentire il rumore dl cavatappi crea un’aspettativa di qualità che fa sembrare il vino migliore perché il tappo in sughero è inconsapevolmente associato alle bottiglie più pregiate.
Con gli odori la questione è ancora più complicata. Non vengono percepiti come tali ma filtrati dalla memoria tipo le madeleine di Marcel Proust. Gli aromi compiono un lungo viaggio nel cervello, passano dal bulbo olfattivo e poi dalla corteccia olfattiva dove vengono riconosciuti in base alle esperienze precedenti. Solo alla fine l’informazione arriva alla corteccia orbito frontale, diventa consapevole e prende un nome. Per questo il giudizio sugli aromi è poco obiettivo e molto evocativo.