La parola artigianale che fa lievitare i prezzi
Il successo delle birre artigianali e ora degli artisan wine ma non tutte le bionde sono come sembrano e la categoria dei vini artigianali in realtà non esiste
Donatella Cinelli Colombini Brunello Casato Prime Donne
Alcune bionde industriali sembrano artigianali poi ci sono colossi della birra che comprano le craft beer. Infine gli artisan wine e la moda del piccolo e diverso innescata dai clienti millennials. Che confusione!
Ma tutte le craft beer sono davvero fatte a mano in piccoli laboratori? Le prime avvisaglie di un pastrocchio ci sono. Ed ecco che persino il colosso irlandese Guinness sta valutando la produzione di lattine “per divertirsi un po” e nelle carte delle birre proposte da pizzerie o dai pub si nota una crescente confusione fra le
vere microproduzioni d’eccellenza e le linee particolari all’interno delle produzioni industriali.
Succede proprio come con i souvenir tarocchi di cui sono piene le bancarelle e i negozi delle zone turistiche: sono fatti in fabbrica o addirittura all’estero ma assomigliano agli oggetti di artigianato locale per cui vengono acquistati dal turista inconsapevole e desideroso di contenere le spese. Una concorrenza che fa chiudere le botteghe dei veri artigiani alle prese con i prezzi delle materie prime e della manodopera nostrana.
Nel caso della bionda non si tratta di finte birre artigianali ma piuttosto dell’industrializzazione di ex artigiani; c’è una vera corsa dei colossi all’acquisizione delle craft beer.