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Mangiare al tempo di Dante

Dante mette i golosi all’inferno, e forse non le avrebbe mangiate ma noi assaggiamo le ricette del suo tempo con la guida di Guido Stecchi e Luca Lattarini

 

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Zuppa-di-pane-di-Dante-Fattoria-del-Colle-Doriana-Marchi-Donatella-Cinelli-Colombini

di Donatella Cinelli Colombini

Nel Trecento e soprattutto nel Duecento mangiavano cose più sane ma di gusto meno piacevole rispetto ad oggi. Questo è sicuro. Ma assaggiarle può essere comunque divertente e molto istruttivo rispetto alla conoscenza del medioevo italiano. Il settecentesimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri – che mette i golosi all’inferno- è l’occasione giusta per un’esperienza gastronomica che può insegnare quanto un libro di storia.

 

LA SORPRENDENTE CUCINA ITALIANA DELL’EPOCA DI DANTE

Ed ecco il sistema per riuscirci. Luca Lattarini, poliziotto di mestiere e enogastronomo per vocazione, insieme a Guido Stecchi, giornalista e docente di cibo e vino oltre che strenuo difensore delle biodiversità, hanno raccolto in un piccolo libro le ricette che interpretano la cucina dell’epoca di Dante.

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Dante-cosa-ti-sei-perso-Luca-Lattarini-Guido-Stecchi-

Si intitola “Dante cosa ti sei perso” ( pp 127 € 18) ed è il secondo libro di una collana dedicata alle ricette storiche proposte da cuochi e pasticceri in modo il più possibile fedele all’epoca fra il 1265 e il 1321 in cui visse il sommo poeta. Ovviamente ci sono delle aggiustature per rendere le pietanze accettabili al gusto di oggi. Alle loro spalle c’è l’Accademia delle 5T (Territorio, Tradizione, Tipicità, Trasparenza, Tracciabilità) sodalizio che seleziona e valorizza le tradizioni gastronomiche italiane più autentiche.

 

L’AUSTERO  SOMMO POETA DISDEGNAVA LE BUONE PIETANZE MA NOI ASSAGGIAMOLE

L’epoca di Dante non è un periodo di fame e freddo come i secoli precedenti. C’era cibo anche per i servi e i poveri mentre la tavola dei signori si riempiva per significare il potere economico e politico. Lattarini e Stecchi non si sono attenuti allo “stile alimentare di Dante” che era esageratamente austero tanto da farlo descrivere da Giovanni Boccaccio come uno che <<nel cibo e nel poto era modestissimo>>.