Fondazione Edmund Mach Tag

FALVESCENZA DORATA IL KILLER DEI VIGNETI FA PAURA

LA FLAVESCENZA DORATA E’ UNA MALATTIA DIFFUSA DA UNA CICALINA CHE UCCIDE LE VITI. DAL 2018 SI STA NUOVAMENTE DIFFONDENDO NONOSTANTE LE MISURE DI PREVEZIONE

Flavescenza dorata vigneto contagiato

Flavescenza dorata vigneto contagiato

di Donatella Cinelli Colombini

La flavescenza è una fitoplasmosi, l’agente della malattia si chiama Candidatus Phytoplasma vitis che entra nei tessuti floematici cioè in quei tessuti che servono da “trasportatori” come la linfa, e la bloccano. Ovviamente questo impedisce le attività fisiologiche della pianta che si secca.

LA CICALINA CHE FA AMMALARE IL SISTEMA LINFATICO DELLA VITE

La flavescenza ha degli insetti vettori cioè che infettano la vite. Si tratta dello Scaphoideus titanus che è una cicalina piuttosto piccola. La flavescenza è una malattia “europea” che era presente nel vigneto del nostro continente da epoca immemorabile e non riusciva a diffondersi fino all’arrivo dello Scaphoideus titanus una cicalina del Nord che ha fatto letteralmente da taxi alla Flavescenza. Ne ha causato una diffusione epidemica prima in Francia e poi in Italia iniziando dalla Liguria nel 1963. 

Il brett, la puzzetta che impazza nel vino

Era comunissimo in Francia e quasi sconosciuto da noi fino al 2010, il brett ospite indesiderato delle cantine è l’odore di pelliccia bagnata o di “cacchetta”

Cantina tradizionale

Cantina tradizionale

Letto per voi da Donatella Cinelli Colombini

Un tempo i perfidi sentori di brettanomyces erano solo nei vini delle cantine poco pulite e con botti vecchie. Noi produttori italiani eravamo sempre attoniti vedendo lavare le barrique con acqua fredda e sanificarle con gli zolfini nelle cantine francesi anche di grande nome. Da noi gli impianti col vapore “stile californiano” per pulire le botti sono arrivati forse prima che oltralpe ma oggi non bastano più a garantire un aroma netto ai vini perché le contaminazioni del perfido bret e il suo terribile figlio, l’etilfenolo,  sono nei mosti.

Un articolo della rivista “VQ” di Raffaele Guzzon Professore di Microbiologia e Tecnica Enologica  alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige ripercorre, dati alla mano, quello che ogni produttore ha visto succedere negli ultimi anni. Il cambiamento del clima verso il caldo ha portato nei tini uve molto “zuccherine” che hanno originato mosti troppo alcolici e poco acidi. Contemporaneamente la riduzione dell’uso di antisettici e anidride solforosa collegato alle nuove istanze salutistiche ha innescato un aumento delle contaminazioni specialmente in chi vinifica naturalmente, senza l’aiuto di lieviti selezionati.