Cappella di Vitaleta a Vita nuova
Vitaleta, icona del paesaggio toscano, torna ad essere un luogo rigenerante per lo spirito e il corpo con la Riconsacrazione al culto e l’apertura del ristoro
di Donatella Cinelli Colombini
La cappella di Vitaleta è uno dei luoghi più fotografati della Toscana. Solitaria, in mezzo al paesaggio lunare delle Crete Senesi, la Cappella della Madonna di Vitaleta, sorge, su una piccola collina con due grandi cipressi accanto.
CAPPELLA DI VITALETA: CAPOLAVORO DEL CLASSICISMO OTTOCENESCO
Fu ricostruita su un edificio preesistente, nel 1884 da Giuseppe Pardini, l’architetto lucchese che, dopo l’Unità d’Italia, interpretò l’eclettismo neorinascimentale di moda nella seconda metà dell’Ottocento, conciliandolo con la sua formazione neoclassica e ispirandosi a Brunelleschi e Bramante.
Vitaleta è forse la sua ultima opera. Le assonanze, anche nella scelta dei materiali, con precedenti come il Tempio di San Biagio di Antonio da Sangallo (Montepulciano) sono più che evidenti e lasciano supporre la volontà di riproporre l’edificio tardo rinascimentale (1590) che sorgeva proprio nello stesso luogo prima della nuova edificazione.
In tempi recenti Vitaleta è diventata un’icona di bel paesaggio, di aspirazione al silenzio, alla meditazione, alla spiritualità, alla natura preservata.
Prima i fotografi hanno inserito la Cappella in tutti i calendari, le cartoline, gli articoli giornalistici e i libri sulla Toscana. Ora i turisti vanno a vederla come fosse la Venere di Botticelli.
IL CARDINALE LOJODICE RICONSACRA AL CULTO LA CAPPELLA DI VITALETA
Nel tempo, il culto religioso a Vitaleta è stato abbandonato e il 18 luglio è avvenuta la sua riconsacrazione con una Messa officiata da Augusto Paolo Lojudice Cardinale e Arcivescovo metropolita di Siena, Colle Val d’Elsa e Montalcino. Nell’omelia il Cardinale si è soffermato sull’importanza del fermarsi per meditare e pregare. Attività per le quali Vitaleta è il posto ideale. Augusto Paolo Lojodice, è Cardinale da pochi mesi, in passato si è distinto per la sua attività in favore dei giovani e degli emarginati. Il motto episcopale da lui scelto “Mihi fecistis” è tratto dal Vangelo di San Matteo (Mt 25, 40) ed è la frase chiave del brano <<Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi ……ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me>>.