
Tartufo invernale e vini toscani con Davide Pieroni
Un weekend diverso alla Fattoria del Colle: conclude la stagione di raccolta del Tartufo invernale e festeggia le grandi denominazioni toscane del vino

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Di Donatella Cinelli Colombini
La stagione di raccolta del tartufo bianchetto chiude con il 30 aprile e volevamo celebrare la fine della raccolta con un’escursione nel bosco insieme al tartufaio Patrizio e i suoi cani….. ma pioveva. Peccato, l’appuntamento con il tartufo è rimandato a novembre.
IL TARTUFO BIANCHETTO E IL TARTUFO BIANCO AUTUNNALE
La fattoria del Colle ha 5 riserve tartufigene, ambienti incontaminati dove nascono i tartufi bianchi in autunno e i tartufi invernali da gennaio ad aprile. Quest’ultimo ha dimensioni più piccole e una superficie estera più scura. Cresce in simbiosi con le radici di roverella, cerro, pino domestico, pino silvestre, pino nero, leccio e cedro. In tavola ha una nota di aglio piccante che obbliga gli chef, come Doriana Marchi della Fattoria del Colle, a studiare piatti succulenti ma dal gusto delicato. Il tartufo non è un ingrediente ma un complemento delle preparazioni gastronomiche.
Come sempre i weekend organizzati da Donatella Cinelli Colombini nelle sue due aziende hanno per protagonista il vino con due visite alle sue cantine, arricchite dalla masterclass di una guest star: David Pieroni, sul tema “I vini di Toscana di ieri e di oggi” con assaggio di Vernaccia di San Gimignano, Chianti Classico e Vino Nobile di Montepulciano. La degustazione di Brunello è stata arricchita dalla visita pomeridiana alla cantina del Casato Prime Donne di Montalcino.
DAVIDE PIERONI E LA SUA MASTERCLASS SUI VINI TOSCANI
Davide Pieroni è un “uomo del marmo”, un export manager che gira il mondo commercializzando materiali lapidei di lusso. Il suo amore per il vino era una passione e sta diventando qualcosa di più con la collaborazione alla guida SlowWine e con la creazione di Vigneron.wine che propone bottiglierie per i collezionisti nelle cantine di origine dei vini.
La sua masterclass ha avuto un taglio molto friendly coinvolgendo subito i partecipanti e spingendoli ad interagire. Molte date e molti aneddoti per raccontare una storia di oltre duemila anni. Dall’epoca etrusca, ai romani, dal medioevo in cui la reputazione dell’etruria come terra del vino diventa più solida al 1716 quando l’editto di Cosimo III dè Medici istituisce le prime “denominazioni”: Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno Superiore. Arriviamo al 1743 quado nasce a Firenze l’Accademia dei Georgofili, primo istituto pubblico al mondo sullo studio dell’agricoltura. Nel 1872 il Barone Bettino Ricasoli, primo ministro dell’agricoltura dell’Italia unita, definisce la “ricetta” del Chianti
<< il vino riceve dal Sangioveto la dose principale del suo profumo (a cui io miro particolarmente) e una certa vigoria di sensazione; dal Canajuolo l’amabilità che tempera la durezza del primo, senza togliergli nulla del suo profumo per esserne pur esso dotato; la Malvagia, della quale si potrebbe fare a meno nei vini destinati all’invecchiamento …>>.
Un lungo percorso fatto di successi e cadute che porta alle attuali 11 DOCG, 41 DOC, 6 IGT in un vigneto regionale al 95% territoriale e al 40% biologico. La produzione DOP Toscana è divisa fra Chianti 33%, IGT Toscana 30%, Chianti Classico 14%, Brunello 4%, Vino Nobile, Maremma, Bolgheri 3% e altre piccole denominazioni.
I VINI TOSCANI FRA STORIA E ASSAGIO
L’assaggio di Vernaccia di San Gimignano, Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino ha aiutato la comprensione dei dati storici e agronomici di un territorio regionale complesso per clima, altitudine e suoli (macigno del Chianti, Alberese, Galestro, Sabbie, Argille…). Una complessità che riguarda anche il Sangiovese, con i suoi 108 cloni (100 in Toscana), che trasforma un panorama toscano apparentemente quasi monovarietale in un puzzle tutto diverso. E’ proprio sulle differenze fra le grandi espressioni del Sangiovese che Davide Pieroni ha insistito facendo percepire la specificità di ogni denominazione. Ecco che il Chianti Classico delle zone più alte ha un colore più trasparente che si intensifica nelle vigne più basse e calde. Così come nel Brunello i quattro versanti arrivano a marcare il Sangiovese in modo nettamente diverso. Il Gallo Nero, beneficia delle notti fredde delle sue alte colline che rinforzano la sua struttura acida e tannica arrivando persino a una certa spigolosità. L’altra denominazione a base Sangiovese, il Brunello, appare più solare. Un’armonia più piacevole e rotonda a Montalcino e più guerriera e austera nel Chianti Classico, più beverina nel Chianti e nel vino Nobile.
Un discorso a parte riguarda la Vernaccia di San Gimignano, unico grande bianco toscano che sta riscoprendo la sua vocazione longeva.