MONTE OLIVETO MAGGIORE NELLE CRETE SENESI
Arte, sacralità e ricordi personali di una delle abbazie più belle d’Italia a pochissima distanza dalla Fattoria del Colle. Vi porto a visitare l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore
Di Donatella Cinelli Colombini
E’ uno dei luoghi più evocativi e mistici del mondo. Nel paesaggio lunare e silenzioso delle Crete Senesi, circondato da un bosco di cipressi, l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore sembra un fiore di mattoni rossi.
Andare a Monte Oliveto Maggiore (12 km dalla Fattoria del Colle) è come entrare nel cuore della Toscana, del suo misticismo medioevale, del suo culto per la bellezza che nasce da un mix di intelligenza, cultura, austerità, e ricerca dell’armonia.
SANTO BERNARDO TOLOMEI FONDATORE DI MONTE OLIVETO
Il monastero fu fondato da Bernardo Tolomei (1272 – 1348). Bernardo faceva parte di uno dei più ricchi casati di banchieri senesi e Siena era come la Wall Street d’Europa. La ricchezza medioevale è qualcosa di difficilmente immaginabile oggi. La distanza fra lo stile di vita dei ricchi e la mancanza di cibo, alloggi e diritti dei poveri, era enorme. Una distanza molto maggiore di quella che oggi separa la nostra vita da quella degli 8 multimiliardari che detengono un quarto della ricchezza mondiale.
Lasciare questa situazione privilegiata e andare in eremitaggio, per vivere di stenti, era una scelta forte, anzi estrema. Eppure altri giovani ricchi senesi seguirono Bernardo e anzi lui decise di accettare nella sua comunità solo chi aveva nobili natali <<perché i poveri non hanno bisogno di espiare>>.
IL CHIOSTRO GRANDE DI MONTE OLIVETO MAGGIORE
Nel corso dei secoli la comunità di monaci Olivetani Benedettini costruì l’enorme convento, la Chiesa, le cappelle nel bosco e la torre con ponte levatoio e terracotta robbiana all’ingresso della zona abbaziale. Il turista entra a piedi in questo spazio dove il tempo sembra fermarsi (orario 9,15-12\15-17) e può vedere lo spettacolare ciclo di affreschi sulla vita di San Benedetto, al momento sono aperti solo il chiostro grande e la chiesa (sono sospese le visite di gruppi guidati, l’ingresso è libero e gratuito) . Vi lavorarono Luca Signorelli (1497-98) e Giovanni Antonio Bazzi detto Sodoma dal 1505 in poi. Luca scelse il lato al sole, dove evidentemente soffriva meno il freddo e dipinse 8 scene di altissima qualità pittorica. Sodoma era un pittore piemontese che vediamo qui in una fase influenzata dalle sue esperienze lombarde e poi romane. Curiosi i riquadri in cui Sodoma descrive la vita monastica e si permette anche qualche dispetto raffigurando un monaco che ruba il pane a un confratello.
Di solito la domenica alle 11 è possibile assistere alla Messa con canti gregoriani.
La vista della biblioteca, del refettorio e, durante l’Avvento, dello spettacolare presepio animato completano un percorso che riempie il cuore di gioia.
MONTE OLIVETO MAGGIORE E GIOVANNI COLOMBINI NONNO DI DONATELLA
A questo punto vorrei narrarvi un ricordo personale. Con la soppressione degli ordini religiosi Monte Oliveto Maggiore ebbe un periodo di abbandono fra l’inizio dell’Ottocento e il 1919 quando i Patti Lateranensi permisero la rinascita della comunità religiosa. Durante la seconda guerra mondiale mio nonno Giovanni Colombini si occupava dell’alimentazione nella provincia di Siena smistando il cibo fra i cittadini. Uomo molto religioso era amico stretto dell’Abate di Monte Oliveto Zilianti. Il religioso aveva nascosto un bel numero di ebrei nel convento e non sapeva come fare a dar loro da mangiare. Per risolvere il problema, rischiando moltissimo, mio nonno e lui escogitarono una truffa a fin di bene, certificavano pasti per operai addetti a lavori agricoli pesanti. Per fortuna nessuna autorità di polizia andò a vedere queste faticosissime coltivazioni che in realtà non c’erano e i due salvarono gli ebrei senza essere arrestati.
LA TELA DONATA A MONTE OLIVETO MAGGIORE
L’amicizia fra Zilianti e mio nonno andò avanti negli anni successivi e, quando mia madre chiese di togliere dal salotto una grande tela di soggetto religioso, nonno Giovanni decise di donarla all’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore. Passa qualche tempo e l’abate gli telefona << sai Giovanni il Soprintendente alle belle Arti, Enzo Carli ha detto che la tela che ci hai donato deve avere una targhetta>> e mio nonno entusiasta << ma certo, che ci devo scrivere>> la risposta di Zilianti lasciò mio nonno di stucco << dono di Giovanni e Giuliana Colombini – Secolo XV Scuola di Luca Signorelli, il Carli dice che è un’opera di grande pregio>> . Mio nonno non immaginava di aver donato un opera di valore artistico e economico così rilevante e quasi quasi ci restò male. Passa qualche anno e l’Abate chiama di nuovo <<c’è un industriale svizzero disposto a pagare l’impianto di riscaldamento nelle celle dei monaci purchè gli diamo in cambio il dipinto che ci hai donato. Possiamo darglielo?>> <<no>> disse mio nonno << io l’ho donato perché stesse a Monte Oliveto Maggiore >> aggiungendo poi rivolto solo alla famiglia <<i frati staranno al freddo, il quadro rimane dov’è>>. Di recente ho raccontato la storia all’attuale Abate Diego Gualtiero Rosa, uomo di grande ricchezza interiore, che si è molto divertito.