
Trequanda terra di etruschi, conti medioevale e di Donatella
Trequanda, paese della Fattoria del Colle, svela il suo passato nella Notte dell’archeologia e ci porta in una tomba trasformata in cappella dai primi cristiani
La “Notte dell’archeologia” a Trequanda avviene di giorno perché prevede l’escursione nella “grotta del Beato” con una
bella passeggiata nel bosco. Inizio nel nuovo museo, quasi una sorta di seconda inaugurazione, alla presenza del Prof Andrea Pessina, Soprintendente all’archeologia per la Toscana e del Prof Giancarlo Pallavicini che ha ceduto al Comune di Trequanda la collezione di vasi –dalla preistoria all’età romana- conservata nel museo. Il professore è un personaggio incredibile: come economista è stato fra i padri del marketing e persino consigliere di Gorbacev ai tempi della Perestrojka, come collezionista ha ampliato la raccolta familiare di oggetti ceramici, in gran parte di altissima qualità, che oggi è esposta a Trequanda.
Nel piccolo paesino toscano di Trequanda c’è insomma un parterre de roi, in occasione della “Notte dell’archeologia”. Il racconto della storia locale è avvincente e ci fa scoprire un consistente e, in gran parte ancora inesplorato, passato etrusco e romano.
Comincio a pensare che la gran quantità di frammenti di tegole usciti da sotto terra durante la realizzazione della vigna “poggione” siano un indizio di un insediamento preistorico anche alla fattoria del Colle. Conviene guardarsi intorno con maggiore attenzione. In epoca medioevale Trequanda e il suo castello erano invece legati al passaggio delle greggi della transumanza e alla potente famiglia dei Conti della Scialega. A loro, probabilmente, si deve la realizzazione della torre duecentesca ora inglobata nella cantina e nella villa della Fattoria del Colle.
Ma parliamo della divertente escursione nel bosco guidati da Vania, l’efficientissimo e
simpaticissimo vigile urbano di Trequanda e dal Maresciallo dei Carabinieri Recupero a cui dobbiamo il primato di Trequanda come comune toscano con minor criminalità. Traversiamo la macchia mediterranea, vediamo un’antica fornace di mattoni ormai crollata e alla fine arriviamo la una grotta scavata nella roccia.
Siamo euforici come bambini, entriamo, ci sono ancora i gradini originari, la porta rettangolare e poi la cavità con i sedili dove originariamente erano deposte le urne funerarie. E’ emozionante, a destra c’è un’immagine di Santo scolpita molto semplicemente e accanto una sorta di acquasantiera. Forse un tempo il Santo era sormontato da un archetto ma oggi sono visibili solo i buchi che ancoravano al muro le colonne di sostegno. Nella sua semplicità, nonostante i danni prodotti dalla pioggia, il luogo ha un fascino enorme perché ci fa sognare un passato remoto che sembra far capolino da sotto terra.
E’ bello vivere in un territorio così e riscoprirlo insieme.