In vigna a Montalcino dopo i 10 giorni di fuoco

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In vigna a Montalcino dopo i 10 giorni di fuoco

Il 2017 ci mostra il volto cattivo del global warming: gelate primaverili, oltre 40°C per 10 giorni e poi le grandinate. La vigna a Montalcino  recupererà? 

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Di Donatella Cinelli Colombini

Di sicuro sarà una vendemmia scarsa perché parte dell’uva è andata perduta: è verde e rimarrà tale, oppure è scottata. Altra cosa certa è che la prossima vendemmia sarà costosa perché solo una raccolta manuale e anzi una doppia vendemmia negli stessi filari con attentissima selezione, manderà in cantina dell’uva capace di trasformarsi in vini di qualità. E’ tutto questo nella speranza che piova senza grandine e che le temperature si abbassino.
Di sicuro quella 2017 sarà la più scarsa vendemmia europea degli ultimi 50 anni. Gelate, grandinate e sole come nessuno aveva mai visto. Nell’Ottocento tutto questo avrebbe causato carestie e migrazioni. Oggi, per fortuna, non ci farà soffrire la fame ma certo i vignaioli ricorderanno quest’annata come una delle più povere.

In-vigna-a-Montalcino-2017-sangiovese-lato-a-nord

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Massima incertezza per tutto il resto.

Nessuno aveva mai visto niente di simile; nei primi 10 giorni di agosto le querce sono diventate gialle, le siepi di bosso centenarie si sono seccate, la produzione di olive è persa totalmente perchè gli alberi non “hanno più la trama”, il terreno e coperto di foglie secche come in autunno e le viti soffrono come non mai.
Dopo le piogge del 10-11 agosto tutti si chiedono se la vigna a Montalcino avrà un recupero oppure i danni da sole sono talmente gravi che richiederanno mesi per il ritorno a un fisiologico funzionamento dei sistemi vitali.
Il giugno 2017 è stato il secondo più caldo dopo quello del 2003. Di luglio le temperature del 2017 sono state superate solo dal 2015 e dal 2003 ma sono simili al 2012.

siepe-centenaria-bruciata-dal-sole

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Fino all’inizio di agosto il clima non sembrava così allarmante anche se nel 2003 e soprattutto nel 2015 l’estate calda era stata preceduta da un inverno che aveva immagazzinato acqua nel terreno mentre quest’anno la terra era arida a causa di un prolungato periodo siccitoso.
Negli ultimi vent’anni nella vigna a Montalcino, abbiamo imparato a gestire le estati caldo-aride con frequenti zappature e con una gestione della chioma fatta a mano in modo diverso in ogni pianta.
Ma quest’anno è successo qualcosa di completamente diverso dal passato: chi, come noi, – alla Fattoria del Colle e al Casato Prime Donne, non è stato colpito dalla gelata di fine aprile ha comunque visto soffrire le viti per il freddo. Alcune hanno sviluppato poco i tralci verdi e le “spalliere” di foglie sono rimate piccole. Se consideriamo che, per produrre un chilo di uva perfetta serve circa un metro quadro di foglie attive, era già

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evidente che una parte delle viti non avrebbero dato dell’uva da portare i cantina. Cioè non la vinificheremo.
Il problema era tuttavia più vasto perché tutte le viti avevano poche foglie e al momento di pulirle abbiamo deciso di lasciare persino le femminelle limitandoci a togliere qualche foglia nel lato a Nord. Anche il terreno era più povero del solito perché la vescia e il favino che vengono seminati in inverno nell’interfilare per essere incorporati al terreno in primavera erano nati poco e male a causa della siccità.
Le viti sono arrivate a agosto in situazioni buone ma non in forma smagliante e con chiome decisamente poco ombreggianti. E’ a questo punto che è successo qualcosa di imprevisto e superiore a ogni ondata di calore a memoria d’uomo: 10 giorni di sole da

agosto-2017-nella-vigna-dopo-il-grande-caldo

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deserto con oltre 40°C di giorno e 26 di notte. Un sole che bruciava tutto e ha letteralmente cotto i grappoli più esposti dando loro un colore brunito. Le viti hanno abbandonato una parte dell’uva che è rimasta verde mentre quella invaiata (il cambio di colore è innescato dallo stess idrico e quest’anno è iniziato i primi di luglio in enorme anticipo) hanno acini piccoli e duri, senza succo e con vinaccioli sorprendentemente lignificati.
Ci hanno detto, non toccate le viti, vediamo come reagiscono cosa ci chiedono di fare. In situazioni così estreme e di cui nessuno ha un’esperienza precedente l’unico atteggiamento appropriato è l’umiltà. Guardare le viti e cercare di capire cosa possiamo fare per loro.
Intanto i cinghiali e i caprioli assetati e affamati, in campagne dove non c’è più erba fresca e ne ruscelli, sono arrivati nelle vigne alla fine di luglio mangiando anche l’uva acerba e le foglie. Vengono arrestati solo dalle reti perché i fili elettrificati e i cannoncini non li arginano. La sofferenza li fa impazzire e affrontano qualunque cosa pur di dissetarsi.
Il 10 agosto, finalmente il tempo è cambiato ed è arrivata la pioggia. Da noi, per fortuna, niente grandine e nessuna tromba d’aria ma dopo aver visto quello che è successo nel Nord Italia siamo preoccupati perché le nuvole nere possono ancora arrivare a distruggere tutto. La cosa che tutti ci chiediamo è come reagiranno le viti. Riusciranno a riprendersi e a idratare i grappoli?