180 SECONDI PER DECIDERE COSA MANGIARE
IN TRE MINUTI IL CLIENTE APRE IL MENÙ E VALUTA LA PROPOSTA DEL RISTORANTE. POCO TEMPO DA SFRUTTARE AL MEGLIO PER FIDELIZZARLO E INSIEME RIEMPIRE LA CASSA
di Donatella Cinelli Colombini #winedestination
La tecnica per ottimizzare il menù si chiama menù engineering e ne ho già scritto sei anni fa, ma vale la pena ritornare sull’argomento dopo aver letto l’articolo di Italia a tavola con le novità portate da Giacomo Pini, esperto di marketing della ristorazione CEO di GpStudios.
LA DIFFERENTE REAZIONE DEL CLIENTE DI FRONTE A UN MENU’ TRADIZIONALE O OTTIMIZZATO
La differenza fra un menù artigianale e uno pensato secondo le tecniche di engineering è grande e porta esiti grandi. Per il ristorante può far crescere i profitti del 10-15%. Nei tre minuti in cui il cliente dedica la sua attenzione al menù rifletterà su quanto spenderà, se c’è qualche piatto che lo incuriosisce, se ingrasserà, oppure quello che sicuramente potrebbe fargli male…. E poi avrà timore di sbagliare. Con il menù tradizionale egli ordinerà il cibo che costa meno o gli piace di più. Invece il menù engineering lo indirizza verso quello che il ristorante vorrebbe fargli assaggiare.
Per il ristorante è importante: bisogna che non siano ordinati troppi piatti diversi dallo stesso tavolo soprattutto se alcuni di essi hanno preparazioni lunghe ed altri sono invece quasi pronti e bisogna far assaggiare al cliente i “cavalli di battaglia” dove la cucina mostra tutto il suo talento.
Il menù engineering è una tecnica nata in America intorno al 1980 da parte di due esperti dell’ospitalità: Michael L. Kasavana e Donald J. Smith. L’obiettivo è quello di rendere soddisfatto il cliente e farlo tornare, contemporaneamente di rendere felice il ristoratore facendo crescere lo scontrino medio fino al 25% mediante l’aumento (fino al 23%) della vendita dei piatti “strategici”.
TUTTO PARTE DL FOOD COST E DAL PREZZO DEL PIATTO
Il punto di partenza del progetto menù engineering è il food cost di ciascun piatto e il suo prezzo di vendita, bisogna sapere se quella pietanza è fonte di reddito o di perdite per il ristorante e se il suo prezzo può essere variato in alto o in basso.
Poi va considerato se il piatto piace e con che frequenza viene ordinato rispetto agli altri.
Conta anche la percezione del menù nel suo insieme rispetto al carattere del locale, se è facile da leggere e indirizza la scelta, se trasmette il valore dei piatti usando storie e ingredienti. Infine se ci sono almeno tre cibi che attraggono la sua attenzione, lui tornerà per provare quelli che non ha potuto assaggiare la prima volta.
I TRUCCHI DEL MENU ENGINEERING
Qui riporto i quattro trucchetti che ho imparato seguendo MenuEngine di Lorenzo Ferrari.
1) Non allineare i prezzi, altrimenti l’attenzione del cliente si sposta su quelli e la comparazione fra i piatti avviene sul costo e non sulla pietanza in sè stessa. Ecco che la descrizione dei piatti deve essere identitaria, capace di far percepire il valore del piatto come unico e conclusa dal prezzo, che quindi non si allinea.
2) Il secondo trucchetto è l’aumento dell’impatto visivo di certi piatti scrivendo alcune parole in grassetto, sottolineandole, colorandole oppure racchiudendole in rettangolini. Cercando insomma di attrarre l’attenzione del cliente su di esse.
3) Terzo trucchetto: sweet pots letteralmente punti dolci. Cioè le zone dove l’occhio del cliente va nel momento in cui, per la prima volta prende in mano il menù. Se il menù è scritto su un solo foglio, la zona che verrà letta per prima è la fascia centrale, poi il percorso visivo andrà verso l’alto e solo dopo scenderà in basso. Se invece i fogli sono due, il cliente guarda subito la zona in alto a destra. Il suo occhio compie un percorso verso sinistra, poi scende e quindi ritorna a destra sotto la zona che ha visto per prima concentrandosi nell’esplorazione del lato destro del menù.
4) Ultimo trucchetto: la grafica e le parole. Le scritte in corsivo suggeriscono qualità e raffinatezza dei piatti come la dimensione del menù, grande come una rivista. Le precisazioni – come la razza dell’animale, il nome dell’ortolano – mostrano la ricerca degli ingredienti e quindi ispirano genuinità ed eccellenza. Le parole che fanno ruotare la lingua in bocca o stimolano percezioni sensoriali creano attenzione e aspettativa di gradimento.
MENU’ ENGINEERING E NEUROMARKETING
A tutte queste indicazioni Giacomo Pini, esperto di marketing della ristorazione e fondatore di GpStudios aggiunge una serie di principi del neuromarketing primo fra tutti il “paradosso della scelta” per cui troppe proposte deprimono i consumi. Oppure “l’effetto ancoraggio” per cui il cliente valuterà se un piatto è caro oppure no sulla base del confronto fra il suo prezzo e quello della pietanza precedente. C’è poi “l’effetto primacy” che fa percepire come più importanti le informazioni ricevute per prime, o “l’effetto recency” che sfrutta la tendenza a ricordare meglio le ultime notizie.
La psicologia dei colori può essere utile nella scelta della copertina del menù: l’arancione stimola l’appetito, il giallo attira l’attenzione mentre il blu rilassa.
Il menù nel suo insieme comunica cose diverse in base alle sue caratteristiche, per esempio se è leggero come un foglio di carta con una lista di pietanze viene accostato a un pasto a basso costo da consumare velocemente.
Ci sono poi le azioni da evitare: scrivere con caratteri poco leggibili o molto piccoli, mettere in evidenza il prezzo magari con il grassetto per esempio togliere il simbolo € accanto al prezzo può far aumentare le vendite dell’8%.