Cheval Blanc il Cabernet Franc più famoso del mondo

Cheval-Blanc-la-spettacolosa-cantina-di-Christian de Portzmparc

Cheval Blanc il Cabernet Franc più famoso del mondo

Château Cheval Blanc è un Premier Grand Cru Classé A fino dal 1855 quando fu iscritto nel grado più alto della classifica dei vini di Bordeaux

 

Cheval-Blanc-il-vino-a-base-di-Cabernet-Franc-più-famoso-al-mondo

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di Donatella Cinelli Colombini

Cheval Blanc si trova a Saint-Émilion nella Rive Droite della Gironda e produce il vino a base di Cabernet Franc sicuramente più famoso al mondo. In questo Château, la coltivazione della vite risale al XIV secolo ma la divisione dei vigneti come la conosciamo oggi è avvenuta nell’Ottocento. Ci sono 39 ettari di vigna divisa in 45 appezzamenti coltivati con Cabernet Franc (52%), Merlot (43%) e Cabernet Sauvignon (5%). L’insolita scelta dei vitigni dipende dai terreni che sono un autentico patchwork con parti argillose che danno vini dai tannini vellutati, mentre quelli ghiaiosi sono più aromatici ed eleganti.

 

CHEVAL BLANC UN TERROIR INCONSUETO E UN UVAGGIO INCONSUETO

Nel 1998, dopo 166 anni di proprietà familiare, Bernard Arnault (a capo della multinazionale del lusso LVMH) e il barone Albert Frère acquistarono insieme Cheval Blanc.

Cheval-Blanc-la-spettacolosa-cantina-di-Christian de Portzmparc

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Nel 2011 fu costruita la spettacolare nuova cantina progettata da Christian de Portzmparc, con 52 vasche in cemento (in sostituzione dell’acciaio inossidabile) di dimensioni diverse in corrispondenza dei diversi appezzamenti di vigneto. Il Grand Vin trascorre dai 16 ai 18 mesi in barriques di rovere nuove. E’ un vino che sfida il tempo. Generalmente richiede 10 anni di affinamento in bottiglia per dare il meglio di sé. Le annate migliori possono durare mezzo secolo o più. Esiste poi un secondo vino che si chiama Le Petit Cheval.

 

DONATELLA CINELLI COLOMBINI E CHEVAL BLANC

Cheval Blanc-Il-Cabernet-Franc-Merlot-più-famoso-del-mondo

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A Gennaio 1999 andai all’Università Victor Segalen Bordeaux 2, nella facoltà di enologia più famosa del mondo per un corso sui vini rossi. Era stato preceduto da un modulo con lo stesso soggetto a Firenze. Qui la lezione di viticultura era stata contestata da noi studenti che dopo un’ora sulla forma delle foglie eravamo usciti per la pausa caffè senza rientrare. La lezione di viticultura a Bordeaux ci trovava quindi abbastanza agguerriti. Nell’aula entrò un tipo alto e magro che sembrava uno studente: <<Mi chiamo Cornelis Van Leeuwen (si pronuncia Van Leven e almeno il nome sembrava promettente) e sono olandese>>, in classe ci guardavamo sconcertati e pronti a saltargli addosso, se ci avesse propinato un’altra lezione di ampelografia. Ma lui ci prese di contropiede: <<quale argomento volete affrontare?>>, gli chiedemmo la cosa più difficile <<le novità sui portinnesti>>. Lui ci pensò un attimo <<sono ricerche che non ho ancora pubblicato, ve ne parlo solo se non prendete appunti>>. Noi rimanemmo sconcertati da questo approccio inconsueto, concreto, sincero e decisamente leale <<ma certo>> fu la risposta entusiasta chiudendo i quaderni.
L’olandese ci insegnò moltissimo, soprattutto ci fece capire la direzione che stava prendendo la ricerca sul problema dei deficit idrici. Alla fine della lezione cercammo di capire chi era e scoprimmo che lavorava a Cheval Blanc. Gli anni successivi ci portò nei vigneti del Cabernet Franc più famoso del mondo mostrandoci le trincee che gli consentivano di studiare il complicatissimo suolo di sassi e argille, i vigneti senza stradoni per far girare i trattori per cui i filari dovevano coincidere con le spalliere della vigna successiva <<mi piacerebbe dare più “colonizzazione” alle radici ma non posso spostare i filari di un solo centimetro>> ci disse. La cantina ci lasciò perplessi con i tini in cemento e gli operai che li pennellavano all’interno di tartrati. <<Mamma mia! Ma come fanno a produrre un vino così buono in una cantina giurassica?>>. In realtà, vent’anni dopo, ho comprato gli stessi tini, senza vetrificazione, per produrre il Brunello ma a quell’epoca, io come tutti, ero innamorata dell’acciaio termoregolato.
Questo è stato il mio primo approccio con Cheval Blanc.

 

CHEVAL BLANC FRA STORIA E RACCONTI

L’aneddoto più divertente riguarda il famoso critico enologico Robert Parker che nella sua prima recensione di Cheval Blanc lo stroncò. Negli anni successivi, quando, il celebre avvocato wine expert tornò allo Chateau fu azzannato dal cane dell’amministratore Jacques Hebrard. Alla richiesta di Parker di dargli una benda, gli portarono la copia del “Wine Advocate” dove era pubblicato il suo giudizio negativo. Vera o leggenda la storia è davvero notevole. Negli anni successivi Parker ha cambiato totalmente opinione sulle bottiglie di Cheval Blanc arrivando a scrivere che era il miglior vino che avesse mai bevuto.
Altro episodio riguarda il film Sideways, dove il protagonista Miles, che si ritiene un esperto, spara a zero ripetutamente su Merlot e Cabernet Franc, ma contemporaneamente parla della sua pregiatissima bottiglia di Cheval Blanc del 1961 che, vedi caso, è proprio fatta con quei due vitigni.