
Classifiche e zonazioni il caso Angélus
La condanna di Hubert de Boüard Château Angélus, conseguente alla nuova classifica dei vini di Bordeaux, spinge a qualche considerazione su classifiche e zonazioni

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di Donatella Cinelli Colombini
Confesso di avere una sorta di allergia a tutto ciò che divide i territori del vino e per quello che blocca la competizione sul merito.
Ho sempre guardato con occhi sospettosi la zonazione e le classifiche tipo quella di Bordeaux. Il cambiamento climatico ha accentuato il mio scetticismo perché la vocazionalità dei terreni vitati è completamente diversa da trent’anni fa, soprattutto a Bordeaux dove la crescita del grado alcolico dei vini è maggiore che altrove.
LA CLASSIFICAZIONE DEI VINI DI BORDEAUX E LA DIFFICOLTA’ DI CAMBIARLA

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In questa situazione quanto sono credibili classifiche redatte nel 1855?
E’ pur vero che i vini dei 5 Premiers Grands Crus del Médoc sono ottimi e che il loro prezzo permette di finanziare investimenti e ricerca per mantenere l’eccellenza qualitativa. Inoltre, come ci insegna il neuromarketing, l’aspettativa di bere un vino buonissimo condiziona il gusto e lo fa percepire ancora più buono di quanto sia, per cui esiste un circolo virtuoso che spinge in alto i “soliti noti”.
Questo non significa che non ci siano altre cantine altrettanto meritevoli e che esse siano letteralmente bloccate da una classifica vecchia di 167 anni. Sì, perché in teoria la classifica può essere modificata ma in realtà l’unico cambiamento significativo è il passaggio fra i first growth di Mouton Rothschild trent’anni fa. Per il resto i tentativi di rimodellare la classifica hanno scatenato autentiche guerre fratricide, se così possiamo chiamare gli scontri in tribunale fra i produttori della stessa denominazione.
IL CASO ANGELUS
Le ultime notizie riguardano il proprietario di Château Angélus, Hubert de Boüard, che è stato condannato a pagare 60.000€ perché ritenuto colpevole di aver manipolato la classificazione del St Emilion nel 2012 con un “illecito interessamento”.
La corte non ha trovato prove di corruzione da parte di Hubert de Boüard ma è bastato il fatto che lui fosse in posizioni di rilievo nell’ente nazionale delle denominazioni, l’INAO e nell’ente vinicolo di St-Emilion perché la “promozione” delle cantine di cui si occupa fosse ritenuta inaccettabile. In effetti nel 2012 Angélus è stato promosso allo status di Premier Grand Cru Classé A – il vertice della piramide – inoltre sette proprietà in cui de Boüard era consulente o supervisore erano state promosse o avevano mantenuto il loro status nella classificazione.
Ecco che i retrocessi, Tour du Pin Figeac, Corbin Michotte e Croque Michotte, si sono scatenati e hanno fatto saltare la nuova classificazione oltre a fare processare Hubert de Boüard.
Non so se quest’ultimo sia innocente ma i vini di Château Angélus sono straordinariamente buoni e meriterebbero la promozione.
Nel 2022 sarebbe prevista la stesura di una nuova classifica ma quello che è successo nel passato getta grosse ombre su queste gerarchie. Ombre così gravi che Châteaux Cheval Blanc e Ausone, entrambe Premier Grand Cru Classé A hanno deciso di ritirarsi.
I CONFLITTI COLLEGATI ALLA CLASSIFICAZIONE E DELLA ZONAZIONE
Episodi del genere rafforzano la mia convinzione che classifiche e zonazioni creino più conflitti che benefici oltre a congelare i giudizi in un’epoca di cambiamenti climatici che invece rivoluziona continuamente il potenziale dei vigneti. A chi dice che la zonazione non è una classificazione di merito anche perché appoggia su confini amministrativi e non sulla delimitazione di terroir omogenei, rispondo che in teoria è vero, ma in pratica c’è chi la usa proprio come una classificazione di merito e questo è più che sufficiente a scatenare conflitti. A provarlo c’è la vertenza legale sull’uso di Cannubi e le sotto-associazioni che si stanno creando all’interno del Chianti Classico.
L’unità di intenti è un bene prezioso e la geografia del vino italiano è già complicata per cui forse è meglio non dividerci all’interno delle denominazioni.
Produrre vino e soprattutto produrre grande vino dovrebbe essere come suonare il pianoforte. Il concertista rispetta lo spartito del compositore ma lo interpreta secondo la cultura del proprio tempo.
A me piace Chopin suonato da Rafał Blechacz ma c’è chi adora Evgenij Kisin ed è giusto che sia così. Allo stesso modo ogni produttore di vino, in ogni parte del mondo, cerca di dare il meglio di sé interpretando la vendemmia. A volte il suo lavoro lo porta sul podio, altre volte no, ma si deve sempre preparare a competere un anno dopo l’altro senza pensare di avere diritto al podio.