La provenienza del vino è tracciabile
Truffe sulla provenienza del vino addio: un sistema neozelandese consente di sapere se il vino proviene veramente dal vigneto dichiarato
di Donatella Cinelli Colombini
La cosa curiosa è che la scoperta viene dall’emisfero australe che non punta sull’origine per valorizzare i suoi vini. Lo dimostra la più prestigiosa cantina dell’isola dei canguri, Penfolds, il cui vino bandiera – Grange- è fatto con le uve di vigneti ogni anno diversi. Tutt’altra situazione in Borgogna dove, se mai si scoprisse, che il La Tâche non proviene dal mitico vigneto della Romanée-Conti, la reputazione, del più prestigioso Pinot Noir del mondo, crollerebbe per sempre.
LA TRACCIABILITA’ DEL VINO E’ IMPORTANTE PER CONTRASTARE LE FRODI
Quindi l’importanza della tracciabilità è diversa da produttore a produttore ma anche da Paese a Paese. In linea generale la scoperta è interessante e potrebbe essere utile a scovare quelli che Giacomo Tachis chiamava “mescolavino” cioè i furbetti della cisterna che fanno contraffazioni.
ORITAIN HA SCOPERTO COME GARANTIRE L’ORIGINE DI UN VINO
La ricerca parte dall’alleanza fra il piccolo produttore di vino Pyramid Valley di North Canterbury (NZ) e gli scienziati forensi della Oritain che usano gli stessi sistemi per accertarsi dell’origine di materie prime, come il cotone. Ovviamente nessuno ha mai cercato di falsificare il vino della Pyramid Valley ma il suo proprietario Steve Smith ha deciso di scommettere sulla garanzia della tracciabilità per farsi largo nel mercato. Ora le etichette delle sue bottiglie portano un logo e un codice QR che consente di tracciare il vino fino alla sua vigna di origine.
ANALIZZANDO SUOLO, UVE E VINO E’ POSSIBILE AVERE L’IMPRONTA DIGITALE LASCIATA DALLA VIGNA
Ma Stew Whitehead, Global Head of Food di Oritain, ha spiegato come si arriva a questo risultato. Prima di tutto vengono prelevati molto campioni dal terreno della vigna. La loro analisi, mediante spettrometria di massa a infrarossi, consente di individuare 42 dei 118 elementi che compongono la tavola periodica, in parti per milione e in parti per miliardo (antimonio, arsenico, alluminio, selenio/ e idrogeno e ossigeno e azoto e renio…). Poi vengono campionati uve e vino. Questo permette di avere una sorta di impronta digitale del vigneto che non si modifica con il lievito o con l’invecchiamento.
UN CERTIFICATO DI ORIGINE CHE POTREBBE CONTRASTARE ANCHE LE CONTRAFFAZIONI DEI VINI COSTOSISSIMI
Ovviamente da terreni diversi si ottengono impronte diverse per cui la tracciabilità funziona solo su piccoli appezzamenti con suoli molto omogenei, ma una volta fatta rimane la stessa per sempre e quindi basta replicarla in vari punti del vigneto per garantire i collezionisti di Petrus, La Tâche o altri vigneti da mito, che sono davvero in possesso delle bottiglie da essi ottenute. Un sistema anticontraffazione, dunque, che potrebbe essere molto utile per i marchi più falsificati ma ha un problema: serve un cucchiaino di vino per fare le analisi. E’ possibile estrarlo dalla bottiglia con un Coravin, ma comunque l’operazione riduce il contenuto del liquido. La ricerca va avanti e sembra davvero interessante anche per le DOCG-DOC italiane.