L’enologia leggera di Luigi Moio

Luigi-Moio tipicità e difetti

L’enologia leggera di Luigi Moio

L’enologo deve fare un passo indietro: il Presidente OIV Luigi Moio spiega che per produrre grandi vini longevi non bisogna correggerli in cantina

 

Luigi-Moio lieviti indigeni o industrali ?

Luigi-Moio-Napoli-Convegno-Donne-del-Vino

di Donatella Cinelli Colombini

Il wine maker deve solo accompagnare i processi di vinificazione e invecchiamento, lasciando il ruolo di manipolatore che, progressivamente aveva trasformato gli enologi in maghi capaci di intervenire e modificare la natura soprattutto in base all’esigenze del mercato. “Mescolavino” come si autodefiniva scherzosamente Giacomo Tachis.

 

UVA PERFETTA PER GRANDI VINI LONGEVI SENZA CORREZIONI UMANE

lieviti indigeni o industrali opinione di Luigi Moio

Luigi Moio-Presidente-OIV

Luigi Moio, accende i riflettori su alcune verità che sono sotto gli occhi di tutti, bisogna partire da “uva perfetta” naturalmente equilibrata, i professionisti devono limitarsi ad un ruolo di assistenza dei processi produttivi ma senza interventi correttivi. Ecco che l’enologo diventa un servitore della natura capace di rispettare ciò che viene donato dalla vigna.
Ovviamente, per realizzare questo tipo di enologia, servono territori e varietà autoctone, ad alta vocazione poco toccati dai cambiamenti climatici. Altrimenti l’intero progetto diventa impossibile.

 

LUIGI MOIO NUOVO PRESIDENTE OIV

Luigi Moio è stato recentemente eletto a presiedere l’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV), cioè l’ONU del vino, in cui le istanze dei Paesi produttori e consumatori di tutto il mondo si confrontano per arrivare a decisioni condivise che diventano leggi. La prima uscita del neo Presidente – che è anche professore all’Università Federico II di Napoli e produttore nella cantina Quintodecimo – è avvenuta a Conegliano Veneto ed è stata organizzata da Eugenio Pomarici di Cirve (Centro Intedipartimentale per la Ricerca in Viticoltura ed Enologia) dell’Università di Padova.

 

SOLO QUELLI NON CORRETTI DALL’UOMO DIVENTANO GRANDI VINI LONGEVI

La più importante perla della lezione magistrale di Luigi Moio sta in questa frase: solo viti in perfetto equilibrio producono vini in perfetto equilibrio e consentono all’enologo di sovrintendere i processi senza intervenire; <<Nascono solo così i vini di grande longevità, non raggiungibili se si interviene enologicamente per aggiustare questo o quel parametro>>.
Una condizione di equilibrio, fra la vite e l’ambiente in cui è coltivata, che viene messa a rischio dal cambiamento climatico. Ecco che il surriscaldamento del pianeta minaccia soprattutto i Paesi tradizionalmente produttori e l’espressione del loro terroir <<le differenze tra i vini divengono sempre più labili con conseguente perdita di identità e di fascino>>. Crolla l’acidità, i PH sono troppo alti e questo porta gli enologi a pratiche correttive.

 

I PROBLEMI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO E I METODI PER CONTRASTARLO

Le cose da fare, secondo Luigi Moio, sono due: impegnarsi nel rallentare il cambiamento climatico e <<finanziare la ricerca per produrre nuove varietà, anche resistenti alla malattie per ridurre interventi di difesa e impatto ambientale>>. In particolare è <<necessario intervenire sulla vite, così come in passato, con il miglioramento genetico per adattare le piante alle nuove condizioni. Disponiamo di una grande variabilità genetica e di nuovi strumenti, come il genoma editing, per “fissare” i caratteri interessanti e accelerare in questa direzione>>.

 

L’USO DEI VITIGNI AUTOCTONI PER RIDURRE GLI EFFETTI DEL GLOBAL WARMING

Altra carta vincente è l’abbondanza di vitigni autoctoni che in passato erano considerati una criticità della “vigna Italia” rispetto ai 20-30 vitigni francesi ed ora potrebbe consentirci di trovare delle risposte al cambiamento climatico puntando sulle varietà tardive nel rispetto degli areali d’origine. Un’autentica sfida quella proposta da Moio che ha, come obiettivo ultimo, la riduzione dell’enologia invasiva fine Novecento e delle correzioni enologiche sull’acidità e sul grado alcolico che, invece <<diventano sempre più frequenti>>. Meglio lavorare su un maggiore uso del riscaldamento e del raffreddamento delle cantine mentre la <<riduzione di SO2 passa per la disponibilità di lieviti che non producano molecole che si legano all’anidride solforosa, riducendo quella libera disponibile come antiossidante>>.
Un mix di naturalezza ed innovazione puntando dritti verso vini territoriali sempre meno toccati dalla mano dell’uomo.