
Se vuoi essere cool bevi senz’alcol
E’ ormai un mainstream fra i giovani. Un salutismo che fa tendenza e fa volare le vendite di vini, birra, spumanti…dealcolati, ovunque ma non in Italia

bevande dealcolate
Di Donatella Cinelli Colombini
Non parlo dei vini a basso contenuto d’alcol, che attualmente interessano poco i consumatori. Mi riferisco ai vini, birre, spumanti, sidro senza alcool, per i quali l’agenzia inglese IWSR prevede un aumento dei consumi di un terzo entro il 2026. Le stime prevedono un 7% di crescita annua fino a 11 miliardi di Dollari.
Da tempo la Germania è il più grande mercato mondiale di vini analcolici, birre, spumanti e liquori, seguita da Giappone, Spagna e Stati Uniti.
Non meraviglia quindi che la maggiore fiera enologica tedesca – ProWein – dedichi un padiglione al “Mondo dello Zero”, cioè i vini dealcolati.
CONTRARI AI VINI SENZ’ALCOL IL MINISTRO E TANTISSIMI PRODUTTORI ITALIANI
Al Ministro Francesco Lollobrigida queste bevande non piacciono <<Ora, se il vino è fatto con l’alcol, lo chiami vino>> ma molte grandi cantine italiane vorrebbero avere l’opportunità di produrre vini dealcolati. E’ soprattutto l’UIV – Unione Italiana Vini – che lavora per lasciare aperta questa possibilità benché il “Testo unico sul vino”, a cui i produttori italiani devono attenersi, sembri negarla.
In effetti, nel nostro Paese, c’è una forte chiusura verso i vini senz’alcol e non solo da parte dei produttori tradizionalisti e dei wine lovers ma anche da parte dei ristoratori, dei sommelier e di tutta la stampa specializzata. Il rischio è di essere inondati da bottiglie di vini dealcolati spagnoli, australiani o tedeschi perché i turisti stranieri lo chiedono e in Italia nessuno lo produce.
MILLENNIALS ASTEMI IN CRESCITA IN 9 MERCATI SU 10
Colpisce l’incremento dei millennials astemi che secondo IWSR, solo nell’ultimo anno, sono cresciuti in nove mercati su dieci.
Fermo restando che grandi vini come Barolo, Brunello, Bolgheri…sono intoccabili, per altri vini meno prestigiosi e qualificati un pensierino a togliere l’alcol forse potremmo farlo. Soprattutto nelle zone dove ci sono giacenze importanti e l’uso degli impianti di dealcolizzazione non rovina dei capolavori enologici ma interviene su qualcosa di zoppicante <<non perdiamo niente>>. Anzi forse togliere l’alcol darebbe a vini mediocri prospettive commerciali che altrimenti non avrebbero, quindi perché no?
Allo stesso tempo se i giovani cool “sobri” crescono di numero, soprattutto all’estero e quindi anche fra i turisti in arrivo in Italia, perché i ristoranti non mettono in carta anche birra, vino, spumanti senza alcol? Apriamo la mente e non facciamoci trovare impreparati di fronte a un fenomeno mondiale anche se, personalmente, non intendiamo farne uso.