Tappo a vite: anche Penfolds ha dei dubbi
“I don’t think screwcap is the future” non credo che il tappo a vite sia il futuro dice Peter Gago enologo capo di Penfolds, la cantina della re-corking clinics
Di Donatella Cinelli Colombini
La dichiarazione trova perfettamente d’accorto tanti, come me, che preferiscono i tappo in sughero monopezzo per qualsiasi vino destinato rimanere in bottiglia per anni. Tuttavia la dichiarazione è stupefacente perché arriva da chi fa largo uso di tappi a vite fino dal 1971 e non solo per i bianchi ma persino su vini di alta gamma destinati a durare nel tempo.
Qualche mese fa ho bevuto un Penfolds BIN 389 del 2006 (prezzo oltre 60€) con tappo a vite, trovandolo eccellente. Infatti Gago sostiene che questo tipo di
chiusura teme più il caldo che il tempo. Secondo lui è quasi impossibile capire se la bottiglia è stata esposta al calore perché non avviene come con il tappo di sughero che tende a uscire per effetto della dilatazione del vino. In qualche modo si facilita la vita ai disonesti che, per guadagnare di più, usano container o magazzini non climatizzati dove le temperature salgono oltre i 40°C. Nessuno può accorgersi del loro imbroglio fino al momento in cui le bottiglie vengono aperte.
Penfolds ha sempre posto una grandissima attenzione ai sistemi di tappatura. Gago sta pensando alle chiusure in vetro e intanto gira il mondo con la “re-corking clinics” un team di esperti che certificano e ritappano le bottiglie con oltre 15 anni di età e soprattutto il mitico Grange, il vino bandiera dell’isola dei canguri. Tutti possono usufruire gratuitamente di questo servizio post vendita unico nel suo genere. Funziona da 25 anni e fa tappa un po’ ovunque nel mondo, di recente era a Londra dove è avvenuta la sorprendente intervista di Drinks Business a Peter Gago sui tappi a vite. Nella clinica lui e il suo staff controllano l’autenticità delle bottiglia, il loro stato di conservazione, se necessario cambiano il
tappo e le certificano. Fin ora hanno esaminato 130.000 bottiglie ma soprattutto hanno incontrato gli appassionati di Penfolds di tutto il mondo. Wine lovers per i quali l’incontro con Peter Gago è stato un’esperienza memorabile e la cantina australiana è entrata nel loro vissuto.
Ho sempre pensato che la “re-corking clinics” fosse uno dei migliori progetti di marketing sul vino mai realizzati. Un sistema imbattibile per trasformare i wine lovers in clienti fedeli in grado di preferire Penfolds a ogni altra cantina. Peccato che nessuno in Italia, ma soprattutto il consorzio Brunello, non segua il suo esempio usufruendo dell’enorme ritorno di immagine, di comunicazione e di fidelizzazione che fa da scia alla ritappatura delle bottiglie antiquarie. Tancredi e poi Franco Biondi Santi lo hanno fatto per anni chiamando l’operazione ricolmatura.