Il vero pesto non si scorda mai

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Il vero pesto non si scorda mai

Uno chef –artigiano del gusto che ha fatto del pesto una missione: Roberto Panizza dalla Liguria alla cena delle Donne del Vino

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Di Donatella Cinelli Colombini, Orcia Doc, Fatoria del Colle

Scrivete Roberto Panizza nella ricerca Google e uscirà Pesto genovese, aprite il sito e leggete al centro <<Il pesto che non esiste>>. Affermazione sconcertante , nel senso che lo devi fare  solo con l’attrezzatura che ti fornisce lui: mortaio di marmo, pestello di legno e ricetta. Se non riesci Roberto ti manda uno dei suoi preziosi barattoli. Preziosi perché lui produce solo 2 kg di pesto alla settimana e non di più.
Ma la cosa più spettacolare è vedergli fare il pesto come è avvenuto durante la cena delle Donne del Vino che ha concluso il Vinitaly 2017.

Maurizio-Danese-Vinitaly-2017-Donne-del-Vino

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Aveva un mortaio enorme dove ha messo aglio e pinoli cominciando a ruotare un pestello talmente pesante che temevo sfondasse il tavolo. Ho provato a usarlo e dava l’impressione di una pratica preistorica tipo <<Wilma dammi la clava>>. In effetti il pesto è antichissimo e deriva forse dal battuto d’aglio di epoca romana aromatizzato con foglie di basilico. Oggi è la seconda salsa più diffusa nel mondo per condire la pasa e viene ormai utilizzata con i cibi più svariati e anche in modo poco appropriato rischiando di snaturarne i caratteri.
Il pesto genovese che ho visto fare a Roberto Panizza è fatta di 7 ingredienti: basilico genovese DOP, olio extra vergine di oliva, parmigiano reggiano DOP, pecorino fiore sardo DOP, pinoli, aglio di Vessalico (presidio slow food) e sale marino di Trapani.

Basilico-ligure-per-il-pesto-Donne-del-Vino-cena-fine-Vinitaly

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Due degli ingredienti sono degni di nota, l’aglio di Vessalico è coltivato sui terrazzamenti della valle Arroscia ai piedi delle Alpi, dove il clima mite della Liguria conferisce all’aglio un aroma intenso insieme a un gusto delicato. Il basilico genovese è dop dal 2008 ma viene coltivato in Liguria dall’epoca romana. La cura nella sua produzione in serra è degna di un’eccellenza gastronomica. Per raccoglierlo, quando la piantina ha 4-5 foglie, gli addetti si stendono su assi di legno e letteralmente lo sbarbano a mano.
Ovviamente gli ingredienti sono fondamentali ma è la maestria dei movimenti di lavorazione del pesto che fa la differenza. Roberto Panizza usa il mortaio con forza ma anche con eleganza ruotando come se ballasse il valzer. Prima aglio e pinoli poi una quantità enorme di basilico che, dopo la lavorazione, diventa una crema. Quindi vengono aggiunti sale, i formaggi grattati e l’olio extravergine. Alla fine il profumo è inebriante.
Durante la cena delle Donne del Vino tutti lo hanno assaggiato quando aveva ancora uno splendido colore verde smeraldo. E’ infatti quello il segreto del grande pesto genovese, la velocità di esecuzione e ……. Possibilmente l’immediato consumo.