Vini vulcanici una moda in consolidamento. Il marchio italiano

Scammacca del Murgo i Bourguignon nel vigneto

Vini vulcanici una moda in consolidamento. Il marchio italiano

Cavalcare il successo dei vini vulcanici? Si, ed ecco il marchio: Vulcanic Wines che riunisce già 19 territori come Soave, Etna, Vulture, Pantelleria, Orvieto

Scammacca del Murgo i Bourguignon nel vigneto

Vini-vulcanici-Etna-Scammacca del Murgo i Bourguignon nel vigneto

Di Donatella Cinelli Colombini, Orcia Doc Cenerentola, Fattoria del Colle

L’Italia punta a un marchio nazionale per i vini vulcanici e intende cavalcare questa tendenza che cresce in tutto il mondo.
Il paladino dei vini vulcanici è il Master Sommelier canadese John Szabo autore del libro << Volcanic Wines: Salt, Grit and Power >> uscito nel 2016 e organizzatore della prima convention mondiale dei produttori vulcanici avvenuta a New York nel marzo 2018. Sono queste le due pietre miliari di una moda che si riassume in una parola magica e decisamente misteriosa

Elena Fucci Titolo Aglianico del Vulture

Vini vulcanici- Elena Fucci Titolo Aglianico del Vulture

mineralità”. La storia millenaria dei territori vulcanici del vino affascina i consumatori più evoluti, attrae investimenti e incuriosisce i critics. E’ la nuova frontiera da esplorare alla cui suggestione nessun wine lovers riesce a sottrarsi.
Ci sono distretti enologici su suoli vulcanici in tutto il mondo. I più noti sono << Napa Valley (California), Casablanca Valley (Cile), Santorini (Grecia), Kaiserstuhl (Germania), Rias Baixas e Canarie (Spagna), Isole Azzorre e Madeira (Portogallo), Alture del Golan (Siria e Israele), Yarra Valley (Australia)>> come li ha elencati Gianluca Atzeni del Settimanale Trebicchieri.
In Italia il Consorzio Soave ha preso l’iniziativa con l’evento “Vulcania” che si ripete ogni anno da 2009 e la registrazione del marchio “Vulcanic Wines”. Esso riunisce sotto un solo brand, oltre al suo, altri 18 territori: Colli Euganei, Valsesia, Castelli Romani,

Pitigliano-Donatella-CinelliColombini-Violante-Gardini-CinelliColombni

Vini vulcanici Pitigliano-Donatella-CinelliColombini-Violante-Gardini-CinelliColombni

Pitigliano e Sorano, Orvieto, Campi Flegrei, Vesuvio, Vulture, Etna, Pantelleria ed Eolie, Mogoro. Nel totale 17 mila ettari di vigna con un potenziale produttivo di oltre un milione di ettolitri.
L’iniziativa parte dunque grande e regolamentata da un protocollo sull’uso del marchio. Ma Edoardo Ventimiglia presidente di “Vulcanic Wines” punta ancora più in alto perchè, come ha spiegato a Pitigliano, nel gennaio scorso <<serve un approccio scientifico con i suoli e i vitigni autoctoni dei territori vulcanici per capire i loro caratteri distintivi>> necessità che si sta concretizzando nella collaborazione con la Società geologica italiana (La Sapienza, Roma) e con l’Università di Firenze.
Senza precise convalide scientifiche sulle caratteristiche che contraddistinguono i suoli vulcanici c’è infatti il rischio di banalizzare il concetto e assistere a una corsa a entrare nel gruppo anche da parte di chi ha solo una vaga parentela con le “montagne fumanti”.
C’è inoltre una disomogeneità fra i vari territori che ha bisogno di trovare un fil rouge di congiunzione per accresce le possibilità di business della nuova tipologia.
La parola d’ordine è dunque mappatura e individuazione dei caratteri distintivi dei suoli vulcanici. Uno di essi è la ricchezza di basalti, tufi e pomici tuttavia la composizione è diversificata e con essa la reazione rispetto agli stess idrici nelle annate calde e aride del nuovo Millennio. I suoli giovani ricchi di pomici aggravano il deficit d’acqua mentre quelli su vulcani molto antichi, caratterizzati dai basalti, sono permeabili ma trattengono acqua rilasciandola pian piano.

Sulla relazione fra suolo e descrittori tipici dei vini vulcanici il mondo scientifico è discorde. Alex Maltman, docente di Geologia all’Università di Aberystwyth, in Galles e autore del saggio “Vineyards, Rocks, and Soils: The Wine Lover’s Guide to Geology” la nega con forza. Tuttavia le analisi fatte con spettrometria di massa per i composti volatili e con risonanza magnetica nucleare sugli isotopi dell’H (idrogeno) per i composti non volatili hanno confermato le differenze sensoriali e hanno persino individuato nei vini vulcanici composti chimici originali non presenti negli altri campioni. Si tratta di derivati dal metabolismo dei carotenoidi, i cosiddetti nor-isoprenoidi, e in particolare il damascenone, responsabile delle note di frutta tropicale, e il trimetil-idro-naftalene (TDN), che conferisce al vino bianco invecchiato i descrittori di cherosene e pietra focaia.
Sotto il profilo gustativo Marco Sabellico ha dato una descrizione dei vini vulcanici che andrebbe incorniciata << Cosa li unifica? Certamente una profondità espressiva, nel senso di una maggiore struttura, sapidità, acidità e, per usare un termine molto discusso, mineralità. Vale a dire, i sentori fumé, iodato, di roccia. Se vogliamo trovare un denominatore comune, si tratta di prodotti che hanno tutti la possibilità di arrivare alla complessità e che sono capaci di invecchiare>>
A ben vedere la proposta dei vini vulcanici rappresenta una rivoluzione rispetto al concetto di terroir su cui è costruita tutta la piramide del vino italiano. In questo senso vale la pena riprendere in mano il breve saggio di Jane Nisbet Husebey ”Volcanic Wines, a new notion of terroir: explain how cross-territorial marketing and communication can be used as an opportunity for Soave and Italian volcanic wines” vini vulcanici: una nuova nozione di terroir: spiegazione di come il marketing e la comunicazione territoriali possono essere usati come una opportunità per il Soave e per i vini delle zone vulcaniche italiane.

I vini vulcanici sono dunque astri nascenti dell’enologia. Speriamo che sa sia possibile inserire far loro anche una parte della Doc Orcia nelle frazioni di Vino e Campiglia dove, milioni di anni fa, c’era l’ultimo cratere del vulcano Amiata. Vale la pena pensarci!